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UK Jurisdiction Taskforce: nuove linee guida sui crypto asset

La UK Jurisdiction Taskforce ha pubblicato oggi i risultati della sua indagine sulla natura giuridica dei crypto asset e degli smart contract. Questo il verdetto: i crypto asset devono essere trattati seguendo il principio di proprietà e gli smart contract saranno trattati come contratti legali. 

Secondo quanto riportato, la UK Jurisdiction Taskforce sembra aver dato un suo verdetto in ambito crypto e smart contract, nonostante le stesse sollevino diverse questioni. 

Innanzitutto, un primo risultato descrive l’associazione di proprietà ad un patrimonio di natura più informativa come quello dei crypto asset

A tal proposito, la questione nasce con la convivenza della percezione pubblica nel trattare le crypto, ad esempio, per la negoziazione, ipotizzando l’esistenza di rapporti di proprietà, mentre l’interpretazione legale non è chiara sul tema, in quanto non si è certi se le informazioni in termini di codice del computer si possano interpretate come proprietà.

Un altro punto saliente del rapporto afferma la relazione esistente tra gli smart contract ed i contratti legali.  

Secondo la legge del Regno Unito, pare che l’approccio di legalità agli smart contract sia efficace se sono presenti gli elementi tradizionali di un contratto, come intenzione, considerazione. In questo caso, allora ogni contratto può avvenire tramite smart contract. 

Il terzo verdetto, invece, riconosce la chiave privata come una firma. 

In sostanza, visto i punti deboli della firma tradizionale in termini di copia fraudolenta, una chiave privata sembra possa essere migliore in termini di prova di un accordo reale, in quanto il controllo della stessa è sotto solo all’individuo che la possiede.

Un’iniziativa legale, quella della giurisdizione britannica, per definire questi strumenti moderni dei rapporti commerciali che utilizzano i vantaggi della blockchain. Un qualcosa che altre legislature continuano a seguire ma che ancora, non sono pronte a definire. 

Un’altra situazione simile alla legalità degli smart contract per il Regno Unito, infatti, lo hanno anche gli smart legal contract, introdotti di recente in Unione Europea come ha testimoniato l’Osservatorio e Forum dell’Unione Europea per la Blockchain.

I crypto asset in Italia

Sullo stesso tema, in Italia, tempo fa si era espresso il commercialista italiano, esperto in ambito di regolamentazione crypto, selezionato anche tra i 30 esperti blockchain del MiSe, Stefano Capaccioli

Capaccioli, in un’intervista con The Cryptonomist, aveva menzionato la necessità del bel Paese di comprendere sia le dimensioni attuali che future dei crypto asset, prima di poterle normare. Un qualcosa che dipenderà dall’Italia nella sua azione di intercettazione delle tendenze. 

Nello specifico, Capaccioli aveva affermato:

“Il futuro crypto dipenderà dalla capacità di questo Paese di intercettare le tendenze, respingendo le pieghe reazionarie, volte esclusivamente a sollevare dubbi e porre incertezze, senza mai analizzare le potenzialità.”

Più recentemente, sempre intervistato da The Cryptonomist, Alessandro Negri della Torre, avvocato specializzato in ambito blockchain:

“Con il Decreto Semplificazioni (D.L. 135/2018), l’Italia si è dotata di una definizione di tecnologie basate su registri distribuiti e smart contract. Con particolare riferimento a questi ultimi, il legislatore nazionale ha altresì delegato all’Agenzia per l’Italia Digitale l’adozione di linee guida il rispetto delle quali permetterà a “programmi per elaboratore” (i.e. gli “smart contract” come definiti ai sensi dell’art. 8-ter del Decreto Semplificazioni) di soddisfare il requisito della forma scritta. In attesa delle linee guida, gli interpreti si interrogano tuttavia sulla corretta interpretazione della norma e sui rapporti tra l’istituto del contratto tradizionale e gli smart contracts. Una delle questioni più rilevanti è certamente quella relativa alla natura degli smart contract e cioè se essi siano contratti autonomi (accordi vincolanti, completi ed autonomi, ancorché scritti interamente o parzialmente in codice) oppure atti esecutivi di una volontà contrattuale tra le parti che esiste in via autonoma e separata rispetto allo smart contract.”

La normativa in Svizzera

Di parere diverso è invece Lars Schlichting, avvocato svizzero del gruppo Kellerhals Carrard:

“Osservo con piacere che anche UK, come la Svizzera, sta riconoscendo la possibilità di essere proprietari di token. Sembra una cosa da poco, ma in realtà oggi le leggi non permettono di riconoscere la proprietà di un token, visto che non è un bene materiale e non esiste un registro detenuto da un’autorità che ne censi la proprietà”.

Stefania Stimolo
Stefania Stimolo
Laureata in Marketing e Comunicazione, Stefania è un’esploratrice di opportunità innovative. Partendo come Sales Assistant per e-commerce, nel 2016 inizia ad appassionarsi al mondo digitale autonomamente, inizialmente in ambito Network Marketing dove conosce e si appassiona dell’ideale di Bitcoin e tecnologia Blockchain diventandone una divulgatrice come copywriter e traduttrice per progetti ICO e blog, ed organizzando corsi conoscitivi.
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