Secondo quanto è stato riportato da un media giapponese, una delle corti di Tokyo, in Giappone, ha dato l’ordine di confiscare ben 46mila dollari in Bitcoin (BTC) e NEM (XEM) che risalgono all’hack subito dall’exchange Coincheck due anni fa.
Nel gennaio 2018 l’exchange perse ben 530 milioni di dollari in NEM ed anche altre crypto. È da allora che le autorità continuano a tenere traccia di tutti gli spostamenti degli asset fatti dai criminali in modo da recuperarli e identificare i responsabili.
Lo scorso marzo la polizia giapponese aveva arrestato due uomini, un dottore trentenne di Hokkaido ed un amministratore della Prefettura di Osaka. In seguito, è stato proprio il dottore ad essere stato incriminato per aver comprato i token rubati durante l’hack a prezzo scontato sul dark web, visto che sicuramente era a conoscenza della provenienza dei fondi.
Le crypto ora sono state sequestrate e congelate e saranno trasferite alle autorità competenti giapponesi che provvederanno a venderle all’asta, così come avviene quando vengono sequestrati beni e immobili.
Questo atto di sequestro crypto rappresenterebbe il primo caso nella storia del Giappone.
Non dimentichiamo che anche se non si è partecipato ad un furto in maniera diretta si diventa complici del furto, pensiamo alla ricettazione per gli oggetti rubati e rivenduti.
Hack a Coincheck, perché il Giappone confisca le crypto?
Sicuramente è discutibile la scelta della confisca delle crypto visto che comunque, in questi casi, una volta appurata la provenienza del maltolto, le crypto dovrebbero essere restituite ai legittimi proprietari, in questo caso all’exchange Coincheck. Ma forse visto l’importo in questione l’exchange ha preferito chiudere un occhio.
Questo comunque dovrebbe far riflettere: gli attacchi in questo settore sono difficili da tracciare, ma con parecchio sforzo e tempo è sempre possibile poter risalire ai criminali, anche perché la blockchain permette di controllare i movimenti e le transazioni effettuate, praticamente per sempre.
Hack crypto: la storia si ripete
Purtroppo questa non è la prima volta che una piattaforma crypto viene hackerata o che addirittura, a causa delle perdite di fondi, è costretta a chiudere.
Per esempio, di recente 2gether ha perso il 27% dei propri fondi, pari a 1,1 milioni di euro proprio per un hack.
Ma anche più famosi exchange come quello di Bitfinex sono stati hackerati in passato, perdendo cifre anche più importanti. Nel 2016, infatti, la piattaforma subì un attacco che portò alla perdita di 119.755 BTC. Per questo motivo, proprio di recente l’exchange ha stanziato un fondo di addirittura 400 milioni pur di trovare il colpevole.