Secondo un rapporto recentemente consegnato all’amministrazione Biden, la regolamentazione crypto negli USA andrebbe rafforzata.
Si tratta di un nuovo framework proposto dalla Ransomware Task Force (RTF) per la lotta al ransomware, ovvero alle richieste di riscatto in criptovaluta conseguenti ad attacchi hacker.
La Ransomware Task Force è un team guidato dagli stessi Stati Uniti, creato ad inizio 2021 insieme ad altri governi, aziende di software, fornitori di sicurezza informatica, istituzioni accademiche e no profit di tutto il mondo.
Lo scopo dell’RTF è proprio quello di sviluppare una strategia per affrontare la minaccia del ransomware a livello globale, scoraggiando gli hacker, e contribuendo a garantire che le varie organizzazioni siano attrezzate per prepararsi e rispondere ad attacchi di questo tipo.
Il rapporto finale dell’RTF presentato al governo degli Stati Uniti, è intitolato “Combating Ransomware”, ed include 48 raccomandazioni, alcune delle quali mirano a rafforzare la regolamentazione delle criptovalute, per ridurre i danni causati dagli attacchi ransomware.
Si legge esplicitamente:
“Il settore delle criptovalute che consente la criminalità ransomware dovrebbe essere regolamentato più strettamente”.
Infatti secondo questo rapporto i pagamenti dei ransomware vengono generalmente effettuati proprio in criptovaluta, e sono difficili da rintracciare.
A tal proposito una delle 48 raccomandazioni chiede che il settore delle criptovalute sia regolamentato più rigorosamente, tanto che i governi dovrebbero richiedere che gli exchange crypto ed i desk OTC rispettino le leggi esistenti sul Know Your Customer (KYC), l’Anti-Money Laundering (AML) ed il Combating Financing of Terrorism (CFT).
A dire il vero la stragrande maggioranza dei grandi exchange centralizzati già lo fa, quindi se da un lato la ricerca dell’RTF può aver portato alla luce informazioni non note, o poco note, dall’altra invece denota una conoscenza forse non particolarmente approfondita del settore crypto reale.
Inoltre visto che non vi è concretamente modo di imporre il rispetto di queste norme agli exchange che sono invece realmente decentralizzati, è difficile immaginare quali significativi vantaggi si potrebbero ottenere incrementando le restrizioni per chi scambia criptovalute.
Ad esempio in Corea del Sud lo hanno già fatto da tempo, ma non sembra che questo abbia avuto un grande impatto sul settore crypto locale.
Altre raccomandazioni invece appaiono meno irrealistiche, come ad esempio quella di sviluppare nuove leve per la condivisione volontaria di indicatori di pagamento di criptovaluta, oppure quella di incentivare la condivisione volontaria di informazioni tra entità crypto e forze dell’ordine, o centralizzare le competenze in merito ai sequestri di criptovaluta nel mondo.
Il rapporto dell’RTF evidenzia anche che gli hacker utilizzano servizi di mixaggio per oscurare le loro transazioni, ed a volte richiedono il pagamento in criptovalute non tracciabili, come Monero. In merito a questi fattori, va detto, c’è ben poco da fare in concreto.
In altri termini è difficile immaginare come concretamente potrebbe procedere l’amministrazione Biden per inasprire realmente la regolamentazione del settore delle criptovalute per sfavorire il ransomware, mentre risulta essere purtroppo molto più facile immaginare cosa potrebbe fare per imporre inutili lacci e lacciuoli che potrebbero penalizzare non poco questa crescente industria.