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L’unica tassa sulle criptovalute è quella sul capital gain

Nonostante le legislazioni dei differenti paesi siano differenti, in genere l’unica tassa che si paga sulle criptovalute è quella sul capital gain. 

Stiamo parlando di tasse da pagare allo Stato per l’utilizzo delle criptovalute. Essendo di fatto delle monete, si applicano più o meno le stesse regole fiscali che si applicano ad altre monete. 

Pertanto non vi sono né tasse sul possesso, nè tasse sulle transazioni, sebbene le transazioni abbiano un costo da pagare, ma a chi mantiene in funzione la rete, e non agli Stati. 

In realtà, non è sicuramente sempre così in tutti gli Stati, ma quelli in cui tutto ciò differisce dalla norma sono solitamente Stati in cui l’utilizzo delle criptovalute è vietato. 

Concentrandoci solo su quelli in cui il loro utilizzo è consentito dalla legge, praticamente nessuno Stato applica tasse sul possesso o sull’utilizzo delle criptovalute. 

Invece, come accade ad esempio per le valute estere o per altri asset finanziari, molti Stati applicano una tassa sulle eventuali plusvalenze, ovvero sul cosiddetto capital gain. 

A seconda del paese le aliquote applicate sono differenti, anche se in molti casi si aggirano attorno al 20% o 25%, e cambiano anche eventuali soglie di esenzione o modalità di applicazione. 

Inoltre, ad esempio negli USA il nuovo presidente Biden ha proposto di incrementare l’aliquota dal 20% al 39,6% per i patrimoni superiori al milione di dollari, ma visto che questo significherebbe sfavorire enormemente gli investimenti in criptovalute dei milionari statunitensi, non è detto che la proposta passi. 

Come funziona la tassa sul capital gain

In genere, però, il concetto è il seguente: quando si vendono delle criptovalute, se l’incasso è superiore alla spesa effettuata per acquistarle allora vi è una plusvalenza, calcolata come la differenza tra l’incasso della vendita e la spesa di acquisto, e su questa plusvalenza si applica la tassa prevista sul capital gain. 

Non conta come è stata effettuata la vendita o dove è avvenuto l’incasso, ma solo il fatto che sia avvenuto lo scambio. 

Il funzionamento è molto simile a quello valido per altri asset finanziari, ma è complicato dal fatto che non sempre le criptovalute vengono vendute in valuta fiat. 

Infatti, qualora la vendita delle criptovalute avvenisse in cambio di valuta fiat, non solo sarebbe quasi impossibile nasconderla al fisco, ma sarebbe anche molto semplice calcolare l’eventuale plusvalenza.

Nel caso invece in cui la vendita avvenga in cambio di altre criptovalute, o addirittura in cambio di altri asset finanziari, servizi o di beni materiali, diventa nettamente più difficile calcolare le eventuali plusvalenze. 

Inoltre, qualora la vendita venga effettuata in criptovalute su exchange decentralizzati, potrebbe essere praticamente impossibile per il fisco venirne a conoscenza. 

Quindi la questione è semplice da comprendere, e facile da gestire, solo nel caso in cui le criptovalute vengano vendute in cambio di valuta fiat: si calcola il capital gain, e si applica la relativa aliquota fiscale. 

Certo, nel caso di un numero elevato di movimentazioni di questo tipo potrebbe essere necessario molto tempo, anche perchè non tutti gli exchange crypto offrono un quadro sintetico di tutta la movimentazione, ma questo è l’unico vero problema. 

Negli altri casi diventa tutto molto più complesso e di difficile gestione, anche e soprattutto da parte del fisco stesso. 

Va detto che, alla luce di ciò, sono molti i possessori di criptovalute che non le scambiano in valuta fiat, e che spesso non dichiarano nemmeno le eventuali plusvalenze. 

Tuttavia, nel caso in cui queste movimentazioni siano state effettuate su exchange regolamentati, non dichiararle al fisco può essere molto rischioso, visto che il fisco può ottenere da loro l’elenco delle movimentazioni di ogni singolo cliente, con tanto di nome e cognome. 

Un’altra questione invece riguarda l’obbligo, o meno, delle dichiarazione di possesso a fine anno. Quest’obbligo varia da Stato a Stato, ed in alcuni non vi è ancora nemmeno una legge che lo regolamenti in modo chiaro. 

Marco Cavicchioli
Marco Cavicchioli
"Classe 1975, Marco è stato il primo a fare divulgazione su YouTube in Italia riguardo Bitcoin. Ha fondato ilBitcoin.news ed il gruppo Facebook "Bitcoin Italia (aperto e senza scam)".
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