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ETF sul clima: l’idea di Lyxor per salvare l’ambiente

In un momento in cui la questione climatica si presenta come vitale per la salvezza del pianeta, il mondo economico non sta guardare e crea strumenti finanziari ad hoc: è il caso dell’ETF sul clima di Lyxor.

ETF sul clima: la proposta di Lyxor per l’ambiente

La scelta può apparire un po’ insolita, ma lo scopo è nobile: investire solo in società che hanno fatto del cambiamento climatico una mission.

Per questo l’ETF di Lyxor annovera nel suo paniere solo società che adottano politiche compatibili con gli accordi di Parigi, e cioè frenare il riscaldamento globale ad un aumento di 1,5° entro il 2050.

La società ha dichiarato al Financial Times:

Il clima costituisce un pilastro fondamentale della strategia ESG di Lyxor. Abbiamo lanciato il primo Green Bond ETF al mondo nel 2017, e più recentemente siamo stati il primo fornitore di ETF in Europa a lanciare una gamma completa di ETF azionari sul clima progettati per soddisfare i requisiti dei benchmark della transizione climatica dell’UE e dei benchmark allineati a Parigi. Sono già cresciuti fino a oltre €1,6 miliardi1 di asset, dato che gli investitori di tutte le dimensioni cercano modi affidabili per decarbonizzare i loro portafogli.

Con questi fondi, potete fare la vostra parte per contribuire a limitare il riscaldamento globale a 1,5°C, lo scenario più ambizioso dell’Accordo di Parigi.

ETF clima Lyxor
L’accordo di Glasgow è stato al ribasso

Gli accordi di Glasgow

Proprio in questi giorni si è conclusa la Cop26, la conferenza sul clima organizzata dalle Nazioni Unite a Glasgow. L’obiettivo era tracciare la strada per invertire la rotta del surriscaldamento globale, partendo dal mettere fine all’utilizzo del carbone e ai sussidi per le fonti fossili. Tutto questo è rimasto in bozza, perché nel testo finale si parla generalmente di rallentare l’utilizzo del carbone.

Non a caso si parla di “accordo al ribasso”. 

Il mondo economico e i cambiamenti climatici

In questo scenario si inserisce l’ETF di Lyxor che sensibilizza gli investitori portando il loro denaro a favore della sostenibilità ambientale. Nel frattempo però c’è chi continua a demonizzare Bitcoin per il suo alto consumo energetico.

È vero, Bitcoin consuma più di intere nazioni, ma basta leggere le analisi svolte regolarmente dall’Università di Cambridge per rendersi contro che il problema non è solo Bitcoin.

Allo stato attuale, Bitcoin consuma più dei Paesi Bassi e poco meno dell’Argentina, ma è lontanissimo dai consumi energetici della Cina (che del resto ospita 1 miliardo di abitanti).

Per entrare nei numeri, da Cambridge stimano che il consumo annuo di Bitcoin si aggira sui 116 Twh. L’oro consuma di più: 131 Twh.

Lo spreco di energia degli Stati Uniti ammonta a 206 Twh. Il taglio delle fonti di energia rinnovabile in Cina è pari a 105 TWh. 

Dunque, veramente il problema è Bitcoin?

Eleonora Spagnolo
Eleonora Spagnolo
Giornalista con la passione per il web e il mondo digitale. È laureata con lode in Editoria multimediale all’Università La Sapienza di Roma e ha frequentato un master in Web e Social Media Marketing.
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