Dopo il suo sondaggio su Twitter e la dichiarazione di volersi confrontare con le regole dell’economia istituzionale, Elon Musk ha dovuto fare i conti con la realtà. Sono stati gli stessi investitori a far cambiare rotta alle azioni di Tesla.
Summary
Elon Musk provoca il crollo delle azioni di Tesla
Dopo l’annuncio della imminente vendita da parte del suo patron di una percentuale significativa azionaria, gli investitori hanno fatto altrettanto creando un improvviso e forte cambiamento di prezzo.
La vendita di tanti titoli ha portato l’asticella del prezzo su volumi improvvisamente molto bassi e l’immagine di Musk non ne ha certo beneficiato. Wall Street non perdona e molto velocemente lo stesso Musk ha dovuto fare i conti sul proprio patrimonio personale. Sono stati 50 i miliardi di dollari persi per strada.
Stessa cosa era accaduta a Jeff Bezos, colpito dalla comunicazione negativa che riportava la notizia del suo divorzio dalla moglie MacKenzie Scott. Questo però non porta alcuna preoccupazione circa lo status economico mondiale di Elon Musk che resta sempre (secondo Bloomberg) l’uomo più ricco del mondo con un distacco dallo stesso Bezos di circa 100 miliardi.
Questione di tasse
La questione Tesla ha molto a che vedere anche con la tassazione diretta di un valore detenuto in Borsa. Tanto più è alto il volume tanto meno saranno le tasse pagate.
Essere soggetti quindi ad un improvviso ribasso porta ad una crescita esponenziale della percentuale da pagare. Il circolo però sembra chiudersi perché la mossa iniziale di Musk era stata proprio questa.
Era stata infatti la proposta del presidente degli Stati Uniti Joe Biden a riportare l’attenzione sulla possibilità di tassare quelle azioni e quei titoli tenuti fermi nel portafoglio di Wall Street soprattutto dei 700 uomini più ricchi d’America.
Ed era stato questo invito presidenziale a scatenare il sondaggio, poi pubblicato dallo stesso Musk su Twitter. Bezos, Zuckerberg, Musk, sono tutti esempi di come la gestione delle proprie azioni in Borsa sia decretata dalla volatilità. Sono però gli stessi marchi con cui lavorano e sui quali hanno costruito i loro imperi a rappresentare quasi il 90% delle ricchezze possedute.
Amazon per Bezos, Tesla per Musk e Facebook (ormai Meta) per il giovane Zuckerberg. Il semplice chiedere agli utenti su Twitter cosa ne pensassero dei movimenti e piani finanziari governativi ha fatto perdere circa il 16% al valore dei titoli Tesla. Sono andati persi 200 miliardi di dollari.
E lunedì, il titolo ha perso ancora l’1,94%, con una terribile performance del Nasdaq 100 dello scorso venerdì.
I problemi di Tesla
I movimenti azionari sono spesso dettati dall’annuncio di partnership tra colossi mondiali. Elon Musk però cerca di tenere ormai i toni più calmi soprattutto in relazione ai due accordi con PepsiCo e Hertz Global Holdings. L’ordine di un numero importante di camion elettrici prodotti da Tesla era stato il primo passo per una collaborazione storica.
Gli accordi però con entrambe le realtà sono scivolati di anno in anno e ora si aspetta una produzione mirata solo per il 2023.
Se c’è una regia dietro l’utilizzo dei social da parte del ricco imprenditore sudafricano, questa non ha tenuto conto delle linee d’ascolto di molte realtà economiche internazionali. Già nel 2018 lo stesso Musk aveva dovuto rendere conto alla SEC (Securities and Exchange Commission) di una serie di comportamenti social che non rientravano nel pre-accordo controfirmato con l’autorità di controllo americana.
La stessa JP Morgan ha fatto causa alla Tesla per non aver rispettato gli accordi e i termini di contratto per quanto riguarda la ridefinizione dei prezzi di alcuni strumenti finanziari quotati in Borsa. JP Morgan Chase & Co. chiede un risarcimento di 163 milioni di dollari.
Se Musk avesse subodorato azioni contro di lui da parte di organi istituzionali o competitor mondiali, la sua mossa di rendere partecipi gli utenti di tutto il mondo attraverso dichiarazioni personali su Twitter forse non è stata la scelta giusta.