Le criptovalute non sono asset in un mondo parallelo, ma beni in un certo senso “reali” e come tali risentono di quanto accade nell’economia globale.
Potrebbero essere fatti numerosi esempi in merito, ma due forse solo i più calzanti:
- il crollo dei mercati di marzo 2020;
- le politiche inflazionistiche della Fed.
Summary
Il panico da Covid
Nel marzo 2020 il mondo prendeva atto che c’era un nemico tanto subdolo quanto pericoloso: il Covid-19. Quando il Coronavirus è dilagato in Cina, poi in Italia e di conseguenza in Europa, e infine negli Stati Uniti, i mercati hanno vissuto giorni di terrore. Il panico che ha travolto le borse non ha lasciato incontaminate neppure le criptovalute. Basti pensare che il 14 marzo 2020 Bitcoin ha perso il 20% in sole 24 ore.
In quei giorni gli investitori stavano liquidando tutto per trarre profitto laddove possibile e arrivare ad avere portafogli in pareggio. Criptovalute e mercati azionari hanno mostrato un’insolita ma per certi versi anche ovvia correlazione.
Le politiche del quantitative easing e del helicopter money
L’economia globale ha subito un brusco arresto a causa dei lockdown e della chiusura delle frontiere. Questo blocco ha portato le banche centrali ad intervenire o stampando denaro (helicopter money), oppure comprando titoli di stato (quantitative easing).
In particolare, le politiche della Fed, negli Stati Uniti, che ha stampato trilioni di dollari per far fronte allo stallo dell’economia americana si sono risolte in una conseguenza ampiamente annunciata. La crescita dell’inflazione.
In questo scenario non è un caso che siano aumentati gli acquisti e il trading di criptovalute. Bitcoin, come l’oro, è stato visto come una protezione contro l’inflazione. Anche per queste ragioni il prezzo di BTC proprio nel 2021 ha toccato il suo record storico, prima a 66.000 dollari ad aprile e poi a 69.000 nel mese di novembre.
Come l’economia globale influenza le crypto: casi concreti
Dunque, l’economia globale influenza le criptovalute? Sì e anche molto. È anche vero il contrario: anche le criptovalute, Bitcoin in testa, possono influenzare i mercati globali.
Quando Tesla ha investito 1,5 miliardi di dollari Bitcoin, lo scorso febbraio, il mondo economico ha spalancato gli occhi prendendo atto definitivamente che Bitcoin non è la moneta del dark web ma uno strumento di investimento a tutti gli effetti.
Tesla non passa inosservata: è la casa automobilistica dell’uomo più ricco del mondo, Elon Musk. Ed è vero che anche i suoi tweet hanno scosso il mercato (delle criptovalute) determinato pump e dump di Bitcoin e Dogecoin.
Così come è bastata un’app a riscrivere le regole del mercato finanziario. Robinhood è stato il mezzo con cui un gruppo nutrito di investitori retail si è coalizzato contro gli hedge fund, comprando in massa le azioni di GameStop, finora in crisi. Lo hanno fatto anche per Dogecoin producendo un risultato: sui mercati azionari sono nate le meme-stock, così come nel settore crypto sono sorte migliaia di meme-coin.
Se non è influenza questa.
Il fattore regolamentazione
Ad ogni modo, ad influenzare il destino delle criptovalute non sono solo gli scenari economici, ma anche il comportamento delle autorità di regolamentazione. Quando la Cina ha bannato Bitcoin, lo scorso maggio, il settore ha accusato un crollo, poi recuperato.
Adesso gli occhi sono puntati sugli Stati Uniti. Di regolamentazione delle criptovalute se ne parla da tempo ma di concreto c’è poca roba ancora. Quando arriverà una normativa seria, che non si limiti a guardare le crypto solo come bene da tassare, il settore potrà scegliere se crescere o affossarsi. Il resto probabilmente potrebbe farlo l’Unione Europea, anch’essa alla finestra.
Probabilmente saranno le stablecoin le criptovalute che rischiano i maggiori contraccolpi. L’attenzione sulle loro riserve è ai massimi livelli e non si esclude di imporre alle aziende che le emettono di trasformarsi in vere e proprie banche.
È da tutti riconosciuto comunque che la regolamentazione potrà fare solo che bene al settore, evitando che i progetti crypto possano poi ritrovarsi in un’aula di tribunale, come successo a Ripple.
Non resta che attendere e capire se il 2022 possa essere l’anno della svolta in questo senso.