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La Fed e l’aumento dei tassi

Secondo quanto riportato da Reuters in un sondaggio verificato tra l’1 e il 4 marzo di quest’anno su un campione di analisti, la Fed non avrà una politica così aggressiva sui tassi. 

Dove eravamo rimasti 

Ad inizio anno e in continuazione con i dati che si registrano, l’inflazione iniziava ad ergersi a grande minaccia del mondo finanziario. 

In un contesto in cui la crisi pandemica aveva già fiaccato le economie di tutto il mondo (che già non godevano di ottima salute) le principali banche internazionali prevedevano un lungo anno di aumenti dei tassi. 

La Fed secondo Goldman Sachs avrebbe operato 175 punti base di aumento che sarebbero stati dilazionati in 7 momenti dell’anno con il primo già da fine marzo. 

Così avrebbero proceduto anche le altre banche centrali del mondo in un’ottica di contenimento dell’inflazione a seconda dell’aggressività con la quale quest’ultima avrebbe agito sulla propria economia. 

La pandemia si sta trasformando in endemia, ci dicono gli esperti, e sempre più restrizioni cadono in tutto il mondo, questo ha liberalizzato un po’ gli scambi ma non è bastato. 

La storia ha bussato nuovamente alla porta nella veste di Putin e di colpo siamo tornati indietro a scene che non vedevamo dalle grandi guerre. 

Fed tassi
Fed e BCE devono combattere l’inflazione

Il cambio di rotta

Ma secondo alcuni, la politica della Fed sui tassi di interesse non sarà così aggressiva.

Il sondaggio svolto da Swathi Nair e Jonathan Cable rileva come la maggioranza degli addetti ai lavori ritenga che la Bce avrà una strategia meno aggressiva della Fed. 

Il campione che varia e viene ripetuto mensilmente registra come nel tempo sempre più analisti pensino ad una strategia “All in” per usare un gergo pokeristico. 

Su un totale di 45 intervistati, 27 ritengono che la Bce aspetterà fino al quarto trimestre (Q4) per agire sui tassi e lo farà con un unico aumento. 

Gemelle diverse 

Sia la Fed che la Bce devono fronteggiare un nemico comune, una sorta di Leviatano dell’economia e della finanza ovvero l’inflazione

Rispetto alla Bce, che tra ristori e PNRR ha messo in campo una grande mole di liquidità, la Fed con i suoi quasi 2 miliardi di dollari di incentivi ha modificato profondamente l’andamento della propria economia. La banca centrale americana, si ritrova a fare i conti con un CPI ben più alto rispetto a quello del vecchio continente e si può permettere interventi più blandi. 

Secondo l’opinione di Rabobank infatti la guerra ha esacerbato la situazione ma non l’ha cambiata. 

Nella nota cliente gli analisti indicano come l’escalation bellica 

“..non dovrebbe cambiare radicalmente i piani della Bce di ritirare con cautela e gradualmente alcune politiche accomodati”. 

Questo quadro lascia pensare che la Bce, forte di anni di polemiche economiche più contenitive rispetto agli Stati Uniti, si possa permettere il lusso di intervenire solo nel Q4 con 150 punti base. 

L’opinione appena descritta trova il consenso di molti analisti di differenti istituti tra cui BNP Paribas e Morgan Stanley. JP Morgan invece ritiene che si arriverà a una modifica si 175 bps. 

Questo mese nel frattempo cesserà di funzionare il programma di acquisto di titoli della Bce per un valore di 20 miliardi di euro.

George Michael Belardinelli
George Michael Belardinelli
Ex Corporate manager presso Carifac Spa e successivamente Veneto Banca Scpa, blogger e Rhumière, negli anni si appassiona alla filosofia e alle opportunità che l'innovazione e i mezzi di comunicazione ci mettono a disposizione, in fissa con il metaverso e la realtà aumentata
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