Alphabet, la controllata di Google a Mosca, ha deciso di dichiarare istanza di fallimento a seguito del congelamento dei propri conti da parte del governo russo.
Summary
La sede di Google in Russia si prepara a dichiarare fallimento

Tra Google e il Cremlino, si sa, non corre buon sangue. Il governo di Putin è da tempo in lotta con il gigante americano per il controllo delle informazioni o almeno per poterle “filtrare” ma questo, c’era da aspettarselo, non viene consentito dalla società.
L’autorità delle comunicazioni russa, Roskomnadzor, accusa da tempo Google Russia di non uniformarsi alle linee editoriali del Paese.
La guerra in Ucraina non ha fatto che aumentare la tensione anche nel campo delle comunicazioni e il mancato allineamento di Google alla propaganda di regime è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Il Cremlino è arrivato a minacciare ingenti sanzioni alle posizioni più importanti all’interno della società americana, ma alla fine si è optato per qualcosa di più incisivo.
Le autorità locali hanno sequestrato i conti correnti della Big tech americana e reso di fatto impossibile il proseguimento del business in territorio russo.
I conti di Alphabet raggiungono i 188 miliardi di dollari, denaro che sarebbe ampiamente sufficiente per gestire la mole di emolumenti e i vari obblighi nei confronti di fisco e fornitori, ma sono bloccati o meglio a disposizione di Mosca.
L’istanza di fallimento è stata messa in bella mostra sia nel registro ufficiale dei fallimenti sia nelle agenzie di stampa, in particolare Interfax, l’agenzia Russa che ha fornito lo scoop per prima.
La spiacevole situazione in cui è incappata la big tech americana in terra russa non è un caso isolato.
La situazione generale di molte società estere che operano in Russia
Molte aziende mal viste dal governo di Putin solo perché di Paesi dichiarati ostili o che non accettano certi diktat, sono andate incontro alla medesima situazione.
Alcune società hanno optato per scendere a patti con le autorità e hanno deciso di svendere al governo capannoni, attrezzature e materie prime a patto di avere l’autorizzazione al riacquisto da qui a sei anni, se e solo se i Paesi di origine delle società saranno tornati in buoni rapporti con Mosca.
Tra le società che hanno preferito la via dell’accordo c’è la Renault, azienda francese nel settore dell’automotive.
La chiusura di Google in Russia è un brutto colpo per la casa madre che tuttavia ha le spalle larghe e può far fronte alla perdita, ma lo è anche per tutte le società che come lei hanno investito nel Paese e si ritrovano nella stessa situazione.
L’operazione di epurazione delle attività di paesi considerati ostili non fa che peggiorare i rapporti geopolitici già molto tesi e riversarsi non solo sul fronte bellico, ma anche umano ed economico con la perdita di migliaia di posti di lavoro e di entrate.