Secondo le indiscrezioni Coinbase sarebbe accusato di aver ceduto al servizio immigrazione del Governo Federale USA dati sui propri clienti.
Summary
Coinbase viola la privacy dei propri utenti vendendo dati sensibili al Governo USA
Giovedì scorso, è circolata sul giornale online Intercept e subito rimbalzata sui social, la notizia che Coinbase avrebbe fornito dati di geolocalizzazione al servizio immigrazione del Governo statunitense, violando chiaramente tutti gli accordi sulla privacy e sulla riservatezza degli stessi.
Se confermata questa notizia potrebbe essere il più grande scandalo sulla violazione di dati sensibili, dopo quella che ha riguardato Facebook e la società di analisi Cambridge Analytica nel 2018.
Now why would they be doing that? So basically invasion of privacy. Sells with out knowledge? They will be owing me 10 million for that one. I didn’t sign up for that. What the hell could this be real or false. Man so much running through my head right now.
— Solobase Mac (@Blacktalizman) June 30, 2022
L’exchange americano, fondato da Brian Armstrong e quotato al Nasdaq, ha immediatamente e seccamente smentito la notizia definendola assolutamente priva di alcun fondamento.
1/ We want to make this incredibly clear: Coinbase does not sell proprietary customer data. Our first concern has been and always will be providing the safest and most secure crypto experience to our users.
— Coinbase (@coinbase) June 30, 2022
Secondo l’organizzazione no profit Tech Inquiry ci sarebbe un contratto che proverebbe come Coinbase Tracer, il braccio di analisi dell’exchange di criptovalute, avrebbe firmato con l’Immigrations and Customs Enforcement (ICE) degli Stati Uniti. Questo accodo consentirebbe all’agenzia governativa di accedere a una varietà di dati, inclusi “dati storici di geo-tracciamento”.
Coinbase smentisce l’accusa sui dati e nel frattempo si prepara ad una prossima espansione
Coinbase, però, ha confutato questa tesi via Twitter spiegando che Coinbase Tracer si occupa di combattere reati criminosi come quello di riciclaggio o finanziamento al terrorismo, come richiede la legge federale degli Stati Uniti. Ma secondo le indiscrezioni esisterebbero appunto le prove della vendita nel 2021 di una licenza software all’ufficio immigrazione per $29.000 e di una successiva vendita per 1,36 milioni di dollari.
2/ Our Coinbase Tracer tools are designed to support compliance and help investigate financial crimes like money laundering and terrorist financing. Coinbase Tracer sources its information from public sources, and does not make use of Coinbase user data. Ever.
— Coinbase (@coinbase) June 30, 2022
Intanto la società cerca di reagire ai crolli del mercato che hanno portato alla decisione, nelle scorse settimane, quasi inevitabile, di licenziare circa il 18% della forza lavoro.
Nonostante la notizia negativa, ha dichiarato la volontà di espandere le proprie attività in Europa.
Secondo CNBC, la società starebbe preparando la documentazione necessaria per chiedere le licenze per operare in diversi paesi europei, tra i quali Francia, Italia, Spagna, Svizzera e Paesi Bassi.
Coinbase opera già da tempo in Germania, Regno Unito ed in Irlanda. Ora, però, vorrebbe estendersi in altri Paesi ritenuti strategici, come ha affermato Nana Murugesan, Vicepresidente internazionale di Coinbase.
Coinbase rende l’espansione in Europa ufficiale
Questa notizia è stata lanciata da un lungo post sul blog aziendale che faceva riferimento anche alla situazione difficile del mercato e della necessità di reagire a queste difficoltà, diversificando l’offerta ed investendo:
“Durante le flessioni del mercato, la tentazione può essere quella di rifuggire dall’espansione internazionale. Siamo entrati per la prima volta nel Regno Unito e nell’UE durante il mercato ribassista nel 2015, una mossa che ha dato i suoi frutti in modo significativo durante la corsa al rialzo a pochi anni da allora. Continueremo a costruire in tutto il mondo e fare tutto il possibile per far crescere la criptoeconomia”.
Il Vicepresidente Murugesan ha, invece, sottolineato come l’apertura delle attività in Inghilterra fosse avvenuta in un altro periodo molto difficile dei mercati:
“Quando siamo entrati nel Regno Unito e in Europa, questo è stato in realtà durante l’ultimo grande mercato ribassista nel 2015-2016”.
Ma questa scelta evidentemente si è dimostrata vincente secondo quelle che sono state le conclusioni del manager della società, entrate in carica all’inizio di quest’anno:
“Ma poi, quando si passa rapidamente al 2017-2018, il Regno Unito è ora una parte enorme dei nostri affari, così come l’Europa. Siamo entrati, abbiamo fatto scommesse. Sono sicuro che probabilmente è stato un periodo difficile. Ma è stato ripagato, in modo significativo”.