HomeCriptovaluteL'ONU vorrebbe bannare le pubblicità crypto

L’ONU vorrebbe bannare le pubblicità crypto

Il mese scorso UNCTAD, ovvero la Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo, ha pubblicato il suo Policy Brief numero 100 intitolato “All that glitters is not gold: The high cost of leaving cryptocurrencies unregulated”. 

L’ONU contro le pubblicità crypto

UNCTAD è il principale organo sussidiario dell’ONU che si occupa di commercio, sviluppo, finanza, tecnologia, imprenditoria e sviluppo sostenibile. 

Il documento è dedicato in particolare alla diffusione delle criptovalute nei paesi in via di sviluppo, dove la vigilanza ed il controllo statale sono spesso inferiori. 

UNCTAD evidenzia come l’utilizzo delle criptovalute a livello globale è aumentato esponenzialmente durante la recente pandemia, tanto che alcune di queste valute digitali private sarebbero diventate particolarmente prevalenti nei paesi in via di sviluppo. Questo comporterebbe rischi e costi considerevoli per quanto riguarda la sovranità monetaria degli Stati, lo spazio politico e la stabilità macroeconomica.

Tuttavia l’agenzia specifica anche chiaramente che questo documento non è tecnico, ma politico, e serve per esaminare da questo punto di vista i rischi, i costi, le motivazioni e l’attuale panorama normativo in ambito crypto.

Ad esempio è lecito essere piuttosto scettici in merito all’affermazione che realmente alcune valute digitali private sarebbero diventate prevalenti in alcuni paesi in via di sviluppo, tanto che addirittura in El Salvador, dove Bitcoin è diventato valuta a corso legale, ancora solo una minima parte delle transazioni avviene in BTC.

UNCTAD: l’obiettivo del documento 

Il vero obiettivo del documento sembra essere quello di fornire “raccomandazioni politiche che i paesi in via di sviluppo possono prendere in considerazione a questo proposito”, tra cui la limitazione o il divieto della pubblicità relativa alle criptovalute, e l’emissione di valute digitali della banca centrale. Tra l’altro già solo il fatto di considerare le CBDC possibili alternative alle criptovalute suggerisce che la conoscenza dell’UNCTAD in merito a queste ultime non sia particolarmente approfondita. 

Un’altra raccomandazione, che invece effettivamente si riferisce ad una prassi sempre più comune e consolidata nei paesi sviluppati, è quella di richiedere la verifica dell’identità degli utenti degli exchange, e di obbligare gli exchange crypto a registrarsi in appositi registri pubblici. 

Tuttavia anche in questo caso compiono un grossolano errore, perché nella raccomandazione non fanno alcuna distinzione tra wallet custodian e wallet non custodian, rendendo evidente un’altra importante lacuna nella loro conoscenza del settore. Infatti i wallet non custodian non possono proprio tecnicamente essere soggetti a KYC o ad obbligo di registrazione. 

Chiedono anche di aumentare i costi di transazione e scambio sugli exchange crypto, imponendo nuove tasse o aumentando quelle attuali, e di vietare alle istituzioni finanziarie regolamentate di detenere stablecoin e criptovalute, o di offrire prodotti correlati ai clienti. 

Queste raccomandazioni allo stato attuale dei fatti sembrano praticamente assurde, soprattutto perchè invece nei paesi sviluppati tutto ciò è la norma. Per certi versi potrebbe sembrare come se volessero impedire ai paesi in via di sviluppo di ottenere i benefici che invece i paesi sviluppati stanno già ottenendo in ambito crypto, solo per evitare loro di dover affrontare rischi che in realtà invece sono ovunque sui mercati finanziari. 

Alla luce di ciò sembra altamente improbabile che tali raccomandazioni vengano effettivamente recepite. 

Articolo precedente
Articolo successivo
Marco Cavicchioli
Marco Cavicchioli
"Classe 1975, Marco è stato il primo a fare divulgazione su YouTube in Italia riguardo Bitcoin. Ha fondato ilBitcoin.news ed il gruppo Facebook "Bitcoin Italia (aperto e senza scam)".
RELATED ARTICLES

MOST POPULARS

GoldBrick