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La guerra si finanzia anche con le criptovalute

A seguito dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia le criptovalute hanno contribuito a finanziare la logistica da entrambi i lati.

Le criptovalute alimentano la guerra tra Russia ed Ucraina

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Le criptovalute hanno alimentato entrambe le fazioni, sia nel bene che nel male

Il 24 febbraio in Ucraina, a seguito dell’invasione russa, la guerra tra i due Paesi iniziata otto anni prima, ha vissuto un nuovo tremendo capitolo. 

Agli occhi dell’opinione pubblica è prevalso da subito lo sgomento per come una guerra di tali proporzioni possa ancora oggi avvenire e per giunta alle porte dell’Europa. 

La distruzione che ha portato, le energie militari e civili spese, le armi e i relativi approvvigionamenti generano costi esorbitanti anche in termini di derrate alimentari e banalmente di medicine. 

Un recente studio di Chainalysis ha gettato una luce su come la Russia abbia ottenuto tramite l’operosità di organizzazioni filo-russe un’ingente somma che si attesta a 2,2 milioni di dollari. 

La cifra decisamente di tutto rispetto va ad ovviare alle spese che la macchina bellica impone come pasti, logistica, armi o medicine per i feriti, ma è piccolissima se paragonata alla mole di donazioni ricevute in valute digitali dallo stato cuscinetto. 

L’Ucraina oltre a ricevere aiuti a fondo perduto in Ethereum dallo stesso Vitalik Buterin, o ad esempio da Visa, l’operatore di carte di credito e debito più diffuso al mondo, ha visto quantità enormi di Bitcoin ed altre valute fluire nelle proprie tasche, cifre che si aggirano sulle centinaia di milioni di dollari. 

L’azione finanziatrice delle valute digitali non è stata solo utile per arricchire una parte piuttosto che l’altra, ma anche per la tracciabilità e la trasparenza di cui essa si caratterizza. 

Il metodo così trasparente e funzionale ha contribuito all’individuazione di cellule filo-russe e al loro smantellamento.

La metà dei conti di raccolta delle donazioni ha sollecitato pubblicamente il sostegno alle milizie situate nella regione ucraina del Donbas, in particolare Donetsk e Luhansk. 

Le 54 organizzazioni, che in totale hanno accumulato 2,2 milioni di dollari in crypto, hanno accumulato principalmente BTC ed ETH, ma anche Tether, Litecoin e Dogecoin. 

Le donazioni in favore delle due fazioni

Le donazioni crittografiche richieste da queste organizzazioni, principalmente tramite i social, avvenivano con testi come:

” […] Ci restano solo 150mila rubli da raccogliere per un drone che potrà portare “regali” alle posizioni dei nostri “amici” ucraini. Speriamo di poterlo girare in video e deliziarvi con scatti interessanti”. 

O altri preferivano inviare vere e proprie liste della spesa, come in questo caso:

“Ciao cari amici! Ancora una volta abbiamo portato una partita di carico ai nostri combattenti. La nostra macchina è arrivata il 16 luglio, ma il verbale è in corso di redazione solo ora, poiché non abbiamo avuto tempo e comunicazioni. Questa volta abbiamo portato: […]”.

Sciorinando un lungo elenco di armi, medicinali, derrate alimentari e logistica. 

Gli investigatori hanno rilevato anche probabili affiliazioni di sanzioni agli account di donazione che sono riconducibili a persone già segnalate alle autorità. 

Inoltre, le crypto hanno teso un importante mano alla tracciabilità di tutti quei canali che portano il governo russo ad eludere le sanzioni tramite l’utilizzo delle valute digitali, che è, tuttavia, un percorso a termine in quanto facilmente tracciabile ed arrestabile.

George Michael Belardinelli
George Michael Belardinelli
Ex Corporate manager presso Carifac Spa e successivamente Veneto Banca Scpa, blogger e Rhumière, negli anni si appassiona alla filosofia e alle opportunità che l'innovazione e i mezzi di comunicazione ci mettono a disposizione, in fissa con il metaverso e la realtà aumentata
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