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Jane Street Capital riduce le sue attività sui mercati crypto: cosa sta succedendo?

In base alle ultime fonti, pare che il market maker Jane Street Capital, e non solo, abbia deciso di prendere distanze definitive dagli Stati Uniti a causa della loro incertezza normativa per quel che riguarda il comparto crypto, prolungatasi ormai da troppo tempo. 

In particolare, Jane Street Capital, la famosa società commerciale indicata anche come Jane Street, ha interrotto tutte le operazioni di trading sulle criptovalute negli USA, vediamo nel dettaglio cosa sta succedendo. 

Jane Street Capital si ritira dal trading crypto 

Purtroppo, sempre più attori e società nel comparto blockchain stanno volontariamente andando in esilio dagli Stati Uniti. Questo a causa dei regolatori finanziari e dell’incertezza normativa totale sulle criptovalute, fattori che hanno persino spinto l’exchange di criptovalute Coinbase a cercare altrove. 

Ora, anche il market maker Jane Street Capital, così come Jump Crypto, ha preferito prendere le distanze da un certo tipo di regolamentazioni incerte e deleterie negli USA. 

Come sappiamo, per migliorare la liquidità degli exchange crypto i market maker trasmettono continuamente i prezzi di acquisto e vendita. Sono quindi essenziali per la fluidità degli exchange, in particolare per evitare divari di prezzo eccessivi.

Nonostante ciò, due giorni fa Bloomberg ha riportato la notizia: i market maker Jane Street e Jump Crypto hanno deciso di ritirarsi dal trading di criptovalute negli Stati Uniti. Come anticipato, è l’incertezza normativa sulle crypto vigente negli USA a determinare questa decisione. 

Dunque, la pressione dei regolatori finanziari della Securities and Exchange Commission (SEC) e della Commodity Futures Trading Commission (CFTC) continua a produrre effetti deleteri.

Quali saranno le conseguenze per gli exchange dopo l’addio dei market maker? 

Ad ogni modo, secondo le fonti citate da Bloomberg, Jane Street Capital e Jump Crypto non stanno ancora “abbandonando del tutto” il settore crypto. 

Per quanto riguarda Jump Crypto, appartenente al gruppo Jump Trading, permane comunque il desiderio di “svilupparsi a livello internazionale” in questo settore.

Ovviamente, il ritiro di questi market maker non sarà privo di rischi per gli exchange di criptovalute. 

Se prendiamo il caso di FTX, ad esempio, vediamo che, oltre una gestione pessima, un altro fattore del suo rapido declino è stata proprio una crisi di liquidità. 

La notizia, inoltre, viene commentata anche dalla community crypto Twitter, in cui molti hanno espresso le loro preoccupazioni più disparate. 

Una delle più frequenti è stata quella in merito ai libri degli ordini degli exchange, i quali si teme si appariranno in modo significativo senza l’aiuto di Jane Street Capital. 

Purtroppo, anche giganti come Binance potrebbero soffrire in modo significativo. Un account Twitter in particolare ha stimato il trading su Binance con e senza market maker, come si può vedere: 

In conclusione, il ritiro di market maker come Jane Street Capital indebolisce gravemente il settore, aumentando i rischi per i consumatori. 

La regolamentazione crypto è un “Operation Choke Point 2.0”, l’opinione del fondatore di Cardano 

Già qualche tempo fa, il fondatore di Cardano, Charles Hoskinson, si era espresso in merito alle nuove azioni normative degli Stati Uniti e non solo. 

Nello specifico, definendo ogni loro mossa come un “Operation Choke Point 2.0”, cioè una guerra contro le criptovalute e contro Bitcoin

Non a caso, Charles Hoskinson , aveva già denunciato diversi abusi contro le crypto portati alla luce da Cooper & Kirk, in un video pubblicato il 29 marzo 2023, in cui afferma: 

“Cooper & Kirk hanno meticolosamente documentato ciò che sta accadendo contro le criptovalute e ciò che sta accadendo è incostituzionale. Questo è un abuso della regolamentazione. Le autorità di regolamentazione espropriano il Congresso degli Stati Uniti del suo potere e se ne appropriano.” 

L’offensiva di Joe Biden contro le criptovalute, aiutata dai regolatori finanziari da lui nominati, pare dunque ovvia a tutti. Nello specifico, vengono sollevati diversi punti a sostegno della tesi secondo cui gli Stati Uniti stiano conducendo una vera e propria guerra alle crypto.

Ad esempio, il fatto che le autorità di regolamentazione bancaria prudenziale emettono un promemoria informale che avverte le banche “dei rischi” che incorrono nell’assumere attività crittografiche come clienti.

Non da meno il fatto che le banche si sentono spinte a rifiutarsi di assumere nuovi clienti legati alle criptovalute e ad eliminare i clienti esistenti dal settore. Poi, la chiusura arbitraria di banche che servono criptovalute, come il caso di Signature Bank

Questi e altri fattori sopracitati, dunque, inducono a pensare che gli Stati Uniti, e non solo, non abbiano alcuna intenzione di aiutare il comparto blockchain ad una maggiore integrazione con quello tradizionale, ma spingano solo alla loro totale esclusione. 

Alessia Pannone
Alessia Pannone
Laureata in scienze della comunicazione e attualmente studentessa del corso di laurea magistrale in editoria e scrittura. Scrittrice di articoli in ottica SEO, con cura per l’indicizzazione nei motori di ricerca, in totale o parziale autonomia.
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