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Da Microsoft un riconoscimento facciale per ATM

Una collaborazione tra la banca nazionale australiana (BNA) e la Microsoft ha dato vita ad un bancomat che consente il prelievo di denaro con il solo utilizzo del sistema di riconoscimento facciale integrato e di un PIN.

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Il prototipo è stato sviluppato utilizzando la piattaforma cloud Microsoft Azure Cognitive Services. Lo scopo del sistema è di migliorare l’esperienza utente (UX) consentendo l’utilizzo senza una carta o un telefono.

Il sistema non salva le immagini dei volti degli utenti, piuttosto vengono salvati i dati biometrici.

Questi dati sono tenuti sui server Microsoft Azure. Steven Worrall di Microsoft Australia, ha commentato:

“Il cloud computing e l’intelligenza artificiale offrono l’opportunità di sviluppare una nuova generazione di servizi finanziari sicuri e semplificati da sviluppare e distribuire rapidamente e su larga scala.”

Uno sforzo per restare al passo con i tempi

Lo scopo dell’innovazione sviluppata è quello di evolversi di pari passo con il cambiamento dei bisogni dei clienti. Il cloud computing è tra le tecnologie le quali la banca intende adoperare come parte dello sforzo più ampio costituito dalla sua “iniziativa trasformativa”.

Patrick Wright, responsabile delle tecnologie della banca, ha commentato ribadendo che “la tecnologia cloud ci consente di sfruttare le caratteristiche e le capacità di punta e ci consente di fornire ai nostri clienti un servizio al passo con i tempi.

I Bitcoin ATM potrebbero essere dotati di riconoscimento facciale?

In alcuni stati i Bitcoin ATM devono identificare gli utenti per mezzo di documenti per legge.

Sviluppi come questo possono portare ad aspettarci Bitcoin ATM dotati di riconoscimento facciale a scopo di riconoscimento del cliente.

Questo però, oltre a sollevare dibattiti circa problemi di sicurezza e privacy probabilmente risolvibili utilizzando una controparte decentralizzata del servizio sviluppato dalla Microsoft, potrebbe anche sollevare critiche in merito al fatto che simili sistemi potrebbero risultare dannosi alla fungibilità delle criptovalute.

Infatti, secondo molti l’anonimato delle crypto occorre a preservarne la fungibilità. La fungibilità è definita da Treccani come caratteristica dei “beni che, non avendo specifica individualità, possono tenere l’uno il posto dell’altro agli effetti giuridici.”

Essendo le criptovalute completamente tracciabili, è possibile ricondurle a qualunque attività passata. Questo potrebbe portare a rifiutare di accettare criptovalute che sono state utilizzate per scopi illeciti o ritenuti controversi.

Questo è un problema perché significherebbe che alcuni bitcoin (o altre criptovalute che non integrano sistemi che assicurano l’anonimato) potrebbero valere meno di altri perché “sporchi”.

La questione metterebbe quindi in pericolo la fungibilità di molte criptovalute e la praticità del loro utilizzo come valuta.

Adrian Zmudzinski
Adrian Zmudzinski
Adrian è un appassionato di tecnologia e IT, specializzato nell'analisi di token, tecnologia blockchain e crypto. Il suo interesse verso Bitcoin risale al 2009, espandendosi al mondo delle crypto più in generale. Le sue analisi si concentrano per lo più sulle potenzialità tecnologiche alla base dei token.
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