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La storia di Wired e dei Bitcoin persi per sempre

La celebre rivista Wired aveva creato dei Bitcoin, ma poi li ha persi. Il racconto è emerso nel 2018, ma è stato rilanciato in questi giorni. 

Per la precisione, nel 2013 Wired aveva minato 13 Bitcoin. Al prezzo attuale (55.000 dollari) valgono 715.000 dollari circa.

A dire la verità non li ha persi per una distrazione, ma scegliendo volontariamente di distruggere la chiave privata. 

L’incontro tra Wired e Bitcoin 

Siamo nel 2013 e nella redazione di Wired viene recapitata una piccola macchina per minare Bitcoin di Butterfly Labs. Era l’epoca in cui era ancora possibile minare Bitcoin da un computer domestico. 

Racconta l’articolo che l’arrivo del piccolo device pose dei dubbi etici all’intera redazione. Cosa farne con i Bitcoin? Era lecito possedere una macchina che di fatto stava stampando denaro? Non rischiavano di lasciarsi influenzare su una visione di Bitcoin piuttosto che di un’altra? 

Ad ogni modo, la macchina fece il suo lavoro e riuscendo a risolvere dei complessi calcoli, alla fine creò ben 13 Bitcoin. Sebbene non fu indicato il periodo dell’anno in cui furono minati quei 13 Bitcoin, è giusto ricordare che nel 2013 Bitcoin subì uno dei suoi primi rally, passando da poche centinaia di dollari a più di 1.000 dollari nel mese di novembre. Quindi, ipoteticamente, il piccolo macchinario aveva minato un ammontare di 13.000 dollari in Bitcoin. Nel 2018, quando fu raccontata questa storia, Wired sostiene che quei 13 Bitcoin valevano 100.000 dollari. Oggi, come detto, valgono approssimativamente 715.000 dollari. 

Ma torniamo alla storia. Cosa avrebbe dovuto fare la redazione di Wired con 13 Bitcoin nel 2013? Si discusse di donarli in beneficenza, di darli ad associazioni di giornalisti, oppure ad associazioni scolastiche. La scelta fu più semplice: distruggere la chiave privata. 

Ma i giornalisti di Wired non si accontentarono solo di distruggere la chiave privata ma raccolsero anche prove che senza di quella nessuno, in nessun modo, poteva avere accesso ai 13 Bitcoin. Fu così che il codice alfanumerico di 64 caratteri andò perso per sempre. Nessuno aveva conservato un altra copia, ed effettivamente dall’indirizzo pubblico emerge che quei 13 Bitcoin sono ancora là. 

Una copia della chiave privata era custodita nell’hard drive di Stefan Antonowicz, che nella redazione di Wired era il capo degli ingegneri. Ma lui stesso ha ammesso di aver distrutto il drive. C’è ancora un modo per recuperare la chiave privata: basterebbe indovinare la combinazione dei 64 caratteri, come cercare un minuscolo oggetto lanciato nell’oceano. 

Secondo Chainalysis quei 13 Bitcoin fanno parte dei 4 milioni di Bitcoin persi per sempre. Si tratta di tutti quei casi in cui gli utenti hanno perso le loro chiavi private, in alcuni casi per semplice distrazione. Di questi 4 milioni, in realtà, oltre un milione appartengono a Satoshi Nakamoto. E chissà che un giorno non venga a riprenderseli. 

Il resto sono le storie di chi probabilmente non aveva ben compreso cosa fossero quei Bitcoin né aveva ipotizzato che un giorno potessero valere così tanto. 

Ad esempio, James Howell ha perso 7.500 Bitcoin semplicemente buttando via il suo computer nel 2013. All’epoca un Bitcoin valeva 130 dollari. Oggi quella fortuna vale più di 412 milioni di dollari. 

Con il senno di poi, cosa avrebbe fatto Wired? Probabilmente non avrebbe distrutto la chiave privata. Probabilmente avrebbe conservato quei Bitcoin e magari: 

“Il caporedattore potrebbe davvero usare un po’ di soldi per assumere un altro reporter”.

Eleonora Spagnolo
Eleonora Spagnolo
Giornalista con la passione per il web e il mondo digitale. È laureata con lode in Editoria multimediale all’Università La Sapienza di Roma e ha frequentato un master in Web e Social Media Marketing.
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