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Su Vanity Fair l’ascesa e la caduta di un miliardario Bitcoin

Vanity Fair ha dedicato un ampio approfondimento dal titolo “ascesa e caduta di un miliardario Bitcoin” ad Arthur Hayes, ex CEO di BitMEX, che sta attraversando dei guai con la giustizia.

Nell’ampio articolo sulla celebre rivista di moda e tendenze, si ricostruisce la sua storia. 

Per prima cosa viene paragonato a Bobby Axelrod, protagonista della serie tv Billions con la differenza che la serie tv è ambientata a New York mentre la storia di Arthur Hayes parte da Hong Kong. 

L’autore del servizio su Vanity Fair, Adam Ciralsky racconta letteralmente l’ascesa e la caduta di Arthur Hayes e dei suoi soci con i quali ha dato vita a BitMEX. 

Parte dagli albori di Arthur Hayes, dagli anni dell’infanzia e delle scuole negli Stati Uniti al lavoro ad Hong Kong prima a Deutsche Bank e poi in Citibank come market maker di ETF. Poi, racconta Vanity Fair, mollò tutto per dedicarsi ad una nuova passione: Bitcoin

I primi inizi furono con Mt.Gox anche se Hayes appartiene a coloro che sono riusciti a non perdere le loro fortune quando l’exchange fallì. Poi intuì che Bitcoin valeva molto di più in Cina e da lì nacque l’intuizione: costruire un exchange dove le persone potessero guadagnare in Bitcoin usando prodotti derivati. È per inseguire questo progetto che “arruola” il matematico inglese Ben Delo e il programmatore statunitense Sam Reed

Racconta Vanity Fair che iniziarono a lavorare con i laptop dentro uno Starbucks di Hong Kong. 

Arthur Hayes, fine della storia del miliardario Bitcoin

La storia prosegue con i primi momenti non certo facili, l’exchange non aveva liquidità e al massimo riusciva a coprire i costi dei server. Poi dal 2015 in poi è cresciuto tantissimo arrivando a diventare l’exchange più utilizzato nel settore crypto. Ma c’era un problema: secondo le autorità statunitensi, stava operando anche con clienti degli Stati Uniti. Ufficialmente infatti BitMEX sosteneva di impedire l’accesso agli IP provenienti dagli Stati Uniti ma chi capisce anche poco di informatica sa che è facile aggirare questo sistema.

Nel frattempo però Hayes e i suoi soci erano diventati milionari, tanto che il report di Vanity Fair ricorda che al Consensus del 2018, Hayes si presentò con una Lamborghini arancione. 

A luglio 2019, Arthur Hayes condivideva sui social un nuovo traguardo di BitMEX: era arrivato a scambiare un trilione di dollari.

Il 3 luglio Arthur Hayes all’Asia Blockchain Summit si scontrò pesantemente con uno dei più infervorati critici di Bitcoin, Nouriel Roubini

Quel giorno divenne celebre per una battuta che riprenderanno anche le autorità USA nei documenti contenenti i capi d’accusa contro Arthur Hayes. Quando gli fu chiesto perché BitMEX aveva sede alle Seychelles e non in Europa o negli Stati Uniti, dove la regolamentazione era più rigida, la sua risposta fu che era più costoso corrompere le autorità europee e statunitense. Ma quanto costa corrompere le autorità delle Seychelles? Rispondeva:

“Una noce di cocco”.

Nel racconto di Vanity Fair emerge dunque anche la superbia di Arthur Hayes che non gli evitò però il mandato di arresto. Il 1 ottobre 2020 si diffonde la voce che la CFTC ha denunciato BitMEX, accusata di operare negli Stati Uniti senza essere registrati. Tra gli accusati ci sono  Arthur Hayes, Ben Delo e Samuel Reed. Quella denuncia segna la fine. Tutti e tre lasceranno l’exchange nel giro di pochi giorni.

Ora non resta che un processo. Le ultime notizie dicono che Hayes starebbe negoziando la sua resa. Probabilmente si trova a Singapore. Ben Delo invece anche starebbe trattando la sua resa. Invece Samuel Reed fu arrestato direttamente negli Stati Uniti ma sarebbe poi stato rilasciato su cauzione.

Si conclude il report di Vanity Fair sottolineando un particolare non da poco. Nel settore finanziario, capita che le autorità perseguitino le banche e le multino per aver violato delle leggi. Ma non si ricordano casi in cui ad essere perseguitati siano stati i capi di quelle banche. Su questo il mondo crypto fa eccezione. Quasi un messaggio delle autorità che ci tengono a far vedere che in questo settore le responsabilità diventano personali e non più aziendali.

Eleonora Spagnolo
Eleonora Spagnolo
Giornalista con la passione per il web e il mondo digitale. È laureata con lode in Editoria multimediale all’Università La Sapienza di Roma e ha frequentato un master in Web e Social Media Marketing.
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