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Stati Uniti: il Congresso a lavoro sulla regolamentazione crypto. I timori di Coinbase

Gli Stati Uniti sono sempre più attenti all’aspetto della regolamentazione delle criptovalute.

Non solo il recente Infrastructure Bill rischia di introdurre cambiamenti significativi, ma in Congresso, secondo Forbes, sarebbero state depositate ben 18 proposte di legge concentrate su criptovalute, blockchain e CBDC (Central Bank Digital Currencies).

In principio fu Libra

Ad accendere i riflettori sul settore è stata probabilmente Facebook quando ha tentato di introdurre Libra (ora Diem), la sua stablecoin. Quando Mark Zuckerberg ha lanciato il whitepaper infatti tra le autorità si è diffuso il timore che la valuta del social network potesse diventare una alternativa al dollaro.  

Ma prima di tutelare la sovranità monetaria, i congressmen/women degli Stati Uniti sembrano più impegnati a creare un impianto normativo che possa fare in modo che dalle criptovalute il governo possa trarne dei benefici fiscali. 

In questa direzione vanno alcune proposte di legge quali:

  • Safe Harbor For Taxpayers With Forked Assets Act of 2021 (H.R. 3273), presentato da Tom Emmer,
  • Infrastructure Investment and Jobs Act (H.R. 3684), presentato da Peter DeFazio

Ci sono poi atti di legge che provano a dare una definizione al settore, per adeguarlo alle normative vigenti in tema di investimenti, come nel caso del Securities Clarity Act (H.R. 4451), presentato sempre da Tom Emmer. Nella stessa direzione va il Security Clarity Act di Warren David.

Ci sono poi vari disegni di legge orientati verso l’applicazione e lo sfruttamento della tecnologia blockchain.

Infine, vanno segnalati i vari bill dedicati all’introduzione del dollaro digitale, tra questi il Digital Currency Study Act of 2021 presentato da Bill Foster e French Hill.

La regolamentazione crypto degli Stati Uniti concentrata sulle stablecoin

Ma come detto, a preoccupare maggiormente il segretario del tesoro Usa Janet Yellen, sono le stablecoin. Il riferimento non è solo a Diem di Facebook, ma anche a Tether. La regina delle criptovalute dal valore stabile infatti conta una capitalizzazione che ha superato i 60 miliardi. La sua crescita ha posto dei problemi con le autorità, preoccupate per il suo utilizzo e soprattutto vogliose di avere un quadro normativo che obblighi le stablecoin a dimostrare le riserve su cui si poggiano.

C’è anche da dire che in un orizzonte di sviluppo economico che vede gli Stati Uniti proiettati in un futuro lancio del dollaro digitale, il governo avrà tutto l’interesse a creare delle leggi che rendano più facile utilizzare un digital dollar, piuttosto che Tether o Diem.

È sempre una questione di sovranità monetaria, a cui gli Stati Uniti non intendono abdicare. Anche perché vorrebbe dire indebolire il dollaro USA a livello globale, un rischio che Washington non può assolutamente correre.

Infrastructure Bill, i timori di Coinbase

Intanto, una legge che ha portato all’attenzione del Congresso le criptovalute è l’Infrastructure Bill, recentemente approvato dal Senato, ed ora nelle mani della speaker Nancy Pelosi, che lo dovrà calendarizzare alla Camera.

La legge ha fatto molto discutere, perché nel tentativo di introdurre disposizioni fiscali per il settore, mette sullo stesso piano gli exchange e i validatori di blocchi, piuttosto che i developer di smart contract, per il loro ruolo nelle transazioni, con contestuale obbligo di reportistica all’IRS. In pratica, tutti vengono considerati dei broker, quando in realtà solo gli exchange rispondono in pieno a questa definizione. 

Sul tema Coinbase si è già pronunciata più volte per conto del suo CEO Brian Armstrong. L’intero settore per la verità ha tentato di spiegare ai politici che questa visione non rispondeva alla realtà dei fatti di un settore dove regna le decentralizzazione.

In un recente blog post di Coinbase, il concetto viene ribadito con le seguenti parole:

“Il miglior primo passo sarebbe quello di emettere regolamenti in modo che i broker di beni digitali siano autorizzati ad emettere la stessa segnalazione di terzi che le società di brokeraggio, come Fidelity e Charles Schwab, emettono oggi. Non è un buon primo passo, e certamente non è una buona politica fiscale, richiedere ai non-broker di riferire sulle transazioni per persone che non sono nemmeno loro clienti.”

Secondo Coinbase, infatti, il concetto di broker anche per le criptovalute dovrebbe comprendere solo i veri e propri intermediari con dei clienti, ruolo che appunto rivestono gli exchange e Coinbase.

L’exchange si dice infatti favorevole alla regolamentazione e anche alla tassazione delle criptovalute, ma c’è bisogno di dialogare con il settore, senza combattere battaglie contro i fantasmi.

Il rischio altrimenti è quello di cedere la leadership dell’innovazione ad altri Paesi. E quindi addio criptovalute e addio tasse ad esse legate. Altro rischio che gli Stati Uniti non dovrebbero permettersi di correre.

Eleonora Spagnolo
Eleonora Spagnolo
Giornalista con la passione per il web e il mondo digitale. È laureata con lode in Editoria multimediale all’Università La Sapienza di Roma e ha frequentato un master in Web e Social Media Marketing.
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