In Spagna, il Ministero delle Finanze, due giorni fa, di concerto con il parlamento spagnolo, ha dato avvio alla modifica della “ley contra la fraude fiscal”, nella parte che si riferisce alla dichiarazione di bene all’estero nel modello 720 e 721. A luglio scorso il governo aveva imposto la dichiarazione nel detto modello anche a chi deteneva all’estero bitcoin e altre criptovalute. Il mese scorso una sentenza della Corte di giustizia Europea aveva dichiarato le dure sanzioni imposte dalla norma, in caso di inadempienze, come illegittime, imponendo al parlamento iberico di modificarle.
La dichiarazione delle criptovalute in Spagna
Il Parlamento spagnolo ha approvato un emendamento che semplifica la dichiarazione del modello 720, che obbligava i contribuenti a rivelare quali e quante criptovalute erano detenute al di fuori della Spagna. La norma prevedeva sanzioni pesanti per dati falsi, incompleti o anche solo inesatti. L’emendamento si impegnerebbe a togliere buona parte di queste sanzioni.
Il ministro delle Finanze, María Jesús Montero, ha difeso comunque la ratio della norma, considerando gli asset digitali a tutti gli effetti come beni e quindi da dichiarare nel modello che riguarda i beni posseduti dai contribuenti spagnoli all’estero.
L’emendamento dovrebbe entrare in vigore entro il 31 marzo prossimo, che è anche il termine ultimo imposto dalla Corte di giustizia Europea per la modifica della legge.

Secondo la precedente norma, i contribuenti spagnoli potevano incorrere in sanzioni che arrivavano anche al 150% dei beni posseduti all’estero. Questa sanzione viene cancellata dal nuovo emendamento, mentre le sanzioni, che potevano arrivare anche ad un massimo di 10.000 euro, per dati forniti in maniera incompleta o inesatta vengono ridotte sensibilmente.
La dichiarazione del modello 720 spettava a tutti coloro che possedevano beni all’estero per un importo superiore ai 50.000 euro. La norma riferita alle criptovalute era piuttosto controversa sia per l’importo e sia soprattutto per la difficoltà nel considerare l’ubicazione geografica di un asset digitale come una criptovaluta. E queste sono state alcune delle considerazioni che hanno dato origine alla sentenza della Corte di giustizia Europea, che ha considerato il regime sanzionatorio come “estremamente repressivo”.
La Spagna contrasta le frodi crypto
La legge entrata in vigore ad ottobre del 2020 e mirava a contrastare le frodi e il riciclaggio era stata successivamente modificata a luglio proprio per inserire la nuova norma in materia fiscale per la detenzione di criptovalute all’estero
🔸Se incorpora la obligación de informar sobre la tenencia y operativa con monedas virtuales, tanto en España como en el extranjero si afecta a contribuyentes españoles.
🔸Se exigirá información sobre saldos y titulares de las monedas en custodia.
— La Moncloa (@desdelamoncloa) October 13, 2020
D’altra parte proprio in Spagna a Valencia, la Guardia Civil ha arrestato all’inizio dell’anno un 45enne accusato di essere uno dei maggiori truffatori in asset digitali d’Europa, a cui sono stati sequestrati beni per 2,5 milioni di euro.
Sempre a gennaio il governo spagnolo ha stabilito una rigida regolamentazione sulla pubblicità delle criptovalute, che è stata estesa anche agli influencer sui social. Secondo queste nuove regole ogni campagna promozionale legata al mondo delle criptovalute dovrà prima passare al vaglio della CNMV, la corrispondente spagnola della nostra CONSOB.