A causa dei duri colpi subiti dalla guerra e dalle sanzioni causate da questa, la Russia prova a risollevare l’economia del Paese grazie alle criptovalute.
Summary
La Russia potrebbe aprire le porte al mining di Bitcoin ed altre criptovalute PoW
Come riportato in un recente articolo, il viceministro dell’energia della Federazione russa Evgeny Grabchak, ha dichiarato alla Tass che il proprio paese ha un urgente bisogno di creare un ecosistema che sia favorevole al mondo crypto in generale.
Come viene riportato anche dall’agenzia stampa russa, sarebbe molto più efficiente rendere libere le forniture di energia alle mining farm a livello regionale piuttosto che a livello federale ed è per questo che c’è bisogno di una regolamentazione che segua dei piani di sviluppo regionali.
Nel dettaglio, quello di cui si parla è un quadro regolamentare che legalizzi ed incentivi in tal modo il mining di criptovalute in Russia. La necessità nasce soprattutto dalla condizione finanziaria che attualmente grava sull’economia del Paese, a causa degli enormi stanziamenti dedicati allo sforzo bellico e per le sanzioni imposte dagli stati alleati con l’Ucraina.
Le criptovalute come ancora di salvataggio
Le pressioni della guerra si fanno sentire e la Russia cerca risposte e soluzioni veloci peccando in parte di incoerenza, visto che alcuni mesi fa la Banca Centrale russa aveva suggerito un ban completo sulle attività di mining e trading di criptovalute.
Considerando però l’evoluzione della storia, il Paese si è ritrovato costretto a fare un passo indietro.
Uno degli obiettivi principali infatti, è quello di rimediare al crollo del sistema finanziario tradizionale dovuto in gran parte dalla forte svalutazione del rublo, valuta che non ha mai avuto un potere contrattuale schiacciante nel mondo e che ha dovuto da sempre sostenere un’economia sottomessa al dollaro.
Tra le prime cose, il Paese ha subito pensato di far leva sui maggiori punti di forza: l’enorme esportazione di materie prime fondamentali all’industria mondiale. Basti pensare che il 40% del gas utilizzato dall’Unione Europea viene importato dalla Russia.
Il presidente russo Vladimir Putin aveva comunque provato ad insistere sul fatto che i paesi non alleati con la sua “impresa”, come Regno Unito, Stati Uniti ed Europa, dovessero continuare a pagare le esportazioni di gas e petrolio in valuta locale. L’intento era abbastanza chiaro: far riprendere parte della valutazione del rublo, che da inizio anno ha perso più del 20% del suo valore di mercato.
Nei giorni scorsi però, si è parlato di come la Russia voglia accettare il Bitcoin come mezzo di pagamento per la fornitura di gas e petrolio. Si è espresso anche David Broadstock, ricercatore senior presso l’Energy Studies Institute di Singapore, che vede il Bitcoin come un asset ad alto potenziale di crescita e che potrebbe aiutare l’economia a beneficiare da questa scelta.
La strada però non sembra essere del tutto in discesa considerato che molti dei contratti sul gas esistenti sono stati sottoscritti in euro, cosa che renderebbe rigido il cambio di direzione verso le nuove forme di pagamento.