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News: Uber attiverà i pagamenti in crypto?

Negli ultimi giorni sta circolando la news che il CEO di Uber, Dara Khosrowshahi, avrebbe detto che presto si potranno pagare i servizi offerti dalla società utilizzando crypto.

In effetti Khosrowshahi ha detto qualcosa di simile durante un’intervista rilasciata a Bloomberg. 

Si tratta però di un’intervista rilasciata a febbraio dell’anno scorso, in cui disse che probabilmente in futuro gli utenti di Uber saranno in grado di pagare le corse con criptovalute, ma anche che la società sta seguendo l’esempio di Tesla, ovvero sta aspettando cambiamenti che ridurranno le commissioni sulle transazione e le emissioni di agenti inquinanti. 

In quell’intervista affermò che Uber accetterà assolutamente pagamenti in crypto, prima o poi, ma non sul breve periodo. 

Il problema delle commissioni

A dire il vero il problema dei costi di commissione molto alti per le singole transazioni sembra essere stato già risolto. 

Innanzitutto le commissioni non sono a carico di chi viene pagato, come quando si utilizzano reti di pagamento in valuta fiat tipo Visa o Mastercard, ma a carico del cliente pagante.

Quindi anche se elevate non peserebbero sulle casse della società. Anzi, ridurrebbero i costi per i merchant come Uber. 

Tuttavia nel caso in cui fossero elevate è difficile immaginare che gli utenti vogliano utilizzarle per pagare acquisti di merci o servizi, dato che così costerebbero loro di più. 

Ma la soluzione a questo problema c’è già, e sono i layer 2. 

A dire il vero per quanto riguarda ad esempio i pagamenti in USDT, ovvero i più diffusi, è possibile utilizzare la rete Tron, al posto ad esempio di quellas Ethereum, per poter avere transazioni molto veloci ed economiche. 

Ma per chi volesse pagare ad esempio in Bitcoin la soluzione sarebbe l’utilizzo di Lightning Network, che consente transazioni quasi immediate a costi irrilevanti. 

Per chi volesse pagare con token su Ethereum ci sono layer-2 come Arbitrum, Polygon o Optimism, mentre per chi volesse pagare con token su BSC Chain non dovrebbero comunque esserci grandi problemi, visto che questa rete consente transazioni abbastanza veloci ed economiche. 

Da questo punto di vista solo chi volesse pagare Bitcoin, Ethereum o token ERC-20 con transazioni on-chain potrebbe avere qualche problema. 

Il problema dell’inquinamento

In realtà anche il problema dell’inquinamento è in parte risolto. 

Innanzitutto Ethereum è passata alla Proof-of-Stake, abbandonando la Proof-of-Work che consuma moltissima energia. 

In altre parole ad oggi la maggior parte del consumo energetico crypto è a carico del mining di Bitcoin, seguito da Dogecoin e Litecoin. 

Quindi utilizzando Ethereum, BSC Chain, Tron, o un layer-2 come Arbitrum, Polygon o Optimism, il consumo di energia medio per transazione sarebbe quasi irrilevante già ora. 

Per quanto riguarda Bitcoin, il consumo energetico delle transazioni su LN è irrilevante, forse ancora di più di quello delle transazioni su altri layer-2. 

Il vero problema riguarda ancora soltanto le transazioni on-chain in Bitcoin, ma anche su questo punto vale la pena spendere qualche parola in più. 

Sicuramente il consumo energetico complessivo del mining di Bitcoin è molto elevato. 

Tuttavia non tutta l’energia prodotta inquina nello stesso modo. 

In questo momento il Paese al mondo con il maggior consumo energetico per il mining di Bitcoin sono gli USA, dove però a quanto pare la maggior parte dell’energia consumata per questo scopo viene prodotta con fonti rinnovabili, e praticamente senza emissione di CO2. 

Quindi in realtà il mining di Bitcoin in inquina più di tanto. Il problema sta nel fatto che in altri Paesi, in primis la Cina, si minano Bitcoin utilizzando energia non rinnovabile ed altamente inquinante, come quella generata dalla combustione del carbone. 

In questo momento non si sa di preciso quanto inquini realmente il mining di Bitcoin, e le stime a riguardo sono talmente imprecise da dover essere considerate inattendibili. 

Ultime news: Uber integrerà le crypto?

Uber è una delle aziende più rivoluzionarie che si siano imposte nell’ultimo decennio abbondante. 

Un’azienda di tale portata rivoluzionaria è molto strano che decida di stare fuori dalla rivoluzione delle criptovalute

È possibile che le due questioni sollevate da Khosrowshahi non siano realmente le ragioni principali dietro al rifiuto di attivare pagamenti crypto. 

È possibile invece che, banalmente, si tratti di una questione di costi aziendali. 

Infatti a dire il vero le persone che pagano abitualmente in criptovalute sono ancora pochissime, e dato che un’azienda come Uber potrebbe essere costretta a dover convertire immediatamente in fiat tutte le eventuali crypto incassate, offrire un servizio del genere potrebbe avere dei costi non indifferenti. 

Se offrilo non dovesse dare vantaggi significativi, il gioco non varrebbe la candela. 

Attualmente la maggior parte dei veri e propri pagamenti crypto per l’acquisto di merci o servizi avviene in stablecoin, come USDT, e non tutti hanno token di stablecoin su Tron, BSC Chain o layer-2 di Ethereum. 

Pertanto chi possiede token ERC-20 di stablecoin in effetti potrebbe non voler pagare in criptovalute piccoli importi inferiori ad esempio a 100$. 

L’atteggiamento di Uber quindi sembra giustificato, ma non appena dovessero diffondersi molto pagamenti economici in stablecoin utilizzando reti o layer-2 economici questo discorso potrebbe cambiare completamente.

Marco Cavicchioli
Marco Cavicchioli
"Classe 1975, Marco è stato il primo a fare divulgazione su YouTube in Italia riguardo Bitcoin. Ha fondato ilBitcoin.news ed il gruppo Facebook "Bitcoin Italia (aperto e senza scam)".
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