The Cryptonomist ha avuto la possibilità di intervistare il Dr. Paolo Tasca, professore universitario alla UCL (University College of London) e fondatore e presidente della DLT Science Foundation e dell’UCL centre for blockchain technologies.
Dopo aver partecipato all’evento P2P Financial System 2023 tenutosi nella sede della Banca d’Italia a Roma, organizzato proprio dal Dr. Paolo Tasca, abbiamo avuto modo di confrontarci con lui per capire al meglio le funzionalità, gli sviluppi e il futuro di una tecnologia in forte espansione come quello della blockchain.
Nell’intervista abbiamo cercato di estrapolare il parere e la visione del Dr. Tasca in materia di blockchain.
Cercando di trattare diversi temi che coinvolgono una tecnologia così importante per il futuro della finanza.
Summary
Come prima domanda volevo cominciare con una domanda personale: lei è probabilmente uno degli esponenti più importanti per quanto riguarda la ricerca nelle tecnologie blockchain. Cosa l’ha spinta ad intraprendere questo percorso?
“Sono partito nel 2011, dopo aver effettuato il dottorato di ricerca al Politecnico di Zurigo, perché mi ero avvicinato al mondo crypto. All’epoca il Bitcoin rappresentava il 90% di tutto l’ecosistema crypto, c’erano solamente una decina di monete digitali. Due cose mi avevano affascinato di questa nascente economia.
Per primo che i dati erano free, se sei un economista e tratti dati e diversi modelli, un’economia come quella decentralizzata era una “Pandora”, una grande opportunità enorme. Era molto interessante perché mi dava modo di analizzare tramite questi dati, sia l’economia nascente e sia le differenze con la finanza tradizionale.
La seconda motivazione è che in questa nascente economia, c’era un monopolio per quanto riguarda i crypto exchange. C’erano davvero poche piattaforme che offrivano quel servizio in particolare, con un buon 70% di volume gestito da solo una piattaforma. Perciò la motivazione che mi ha spinto era legata alla costruzione di un crypto exchange nel mercato svizzero, dove operavo.
Posso dire perciò che ho cercato un approccio iniziale, sia dal punto di vista scientifico insieme ad uno spirito imprenditoriale. Avevo voglia di creare un’infrastruttura che creasse un on/off ramp tra l’economia tradizionale e quella digitale.”
Alla base del suo lavoro c’è ovviamente la ricerca e lo sviluppo delle tecnologie blockchain. Alla luce di ciò, quanto è importante la cooperazione governativa in materia di sviluppo e ricerca? Quanto è necessaria la fiducia nelle istituzioni?
“È molto importante. Non è stato un caso fortuito che la prima applicazione della blockchain (DLT) sia stata una forma decentralizzata di moneta. Ci sono diverse applicazioni che la blockchain può sviluppare, ma la prima è stata il Bitcoin.
Essendo dunque una applicazione di tipo finanziario, ho sempre pensato che avesse un impatto dirompente nel mercato finanziario, uno dei mercati più regolati al mondo. Per questo sono sempre stato un fautore del dialogo tra regolatore ed innovatore, quando si tratta del mondo crypto.
Perché da una parte c’è un attore che spinge verso l’innovazione (nuove forme di finanza, di pagamento, di monete), dall’altra c’è un regolatore che ha un mandato governativo, in dovere di mantenere le stabilità finanziarie e la fiducia su quella che è la moneta emessa dalla Banca Centrale (tenendo in considerazione anche tutti gli altri organi governativi che esistono).
Ho sempre cercato di proporre il dialogo tra questi due attori, tant’è che la prima edizione della conferenza P2P, è stata organizzata nel 2015 nella Banca Centrale Tedesca e all’epoca era un panorama surreale rispetto ad adesso.
Sono riuscito a mettere insieme una platea completamente differente tra loro, c’erano persone provenienti da ambienti anarchici e anti-capitalistici e allo stesso tempo le istituzioni in doppiopetto e giacca.
Questi due mondi negli ultimi 10 anni si sono avvicinati molto, nonostante la grande dicotomia che c’era tra loro.”
Quindi, lei pensa che stiamo andando nella giusta direzione?
“Dipende, è interessante da osservare, perché se queste due realtà si incontrano nel mezzo, allora può definirsi la direzione giusta. Ma se si va a creare un disequilibrio nel punto di equilibrio di avvicinamento allora non credo che sia la giusta direzione.
Per quello che vedo io, credo che ci stiamo spostando verso una istituzionalizzazione di quello che era il modello “anarchico” dei primi movimenti per sovvertire la finanza tradizionale.
Vedo una conformazione rispetto al modello tradizionale, guarda ad esempio, istituzioni come BlackRock che stanno entrando nel mondo di Bitcoin tramite gli ETF Spot.
Quindi c’è da capire se l’avvicinamento che sta avvenendo, stia andando effettivamente nella giusta direzione, io ho qualche dubbio.
Non che io sia un anticapitalista anarchico, però tutti dobbiamo ricordare che le istituzioni che oggi esistono siamo stati noi a disegnarle in questo modo, in un contesto socio-economico completamente diverso da quello di adesso.
Ciò vuol dire che dovremmo avere l’elasticità mentale di adattare le istituzioni al nuovo mondo, come dovrebbero essere ridisegnate queste istituzioni?”
Nell’ultimo anno una delle tecnologie in sviluppo più in tendenza è senza alcun dubbio l’intelligenza artificiale. C’è la possibilità di integrazione con la blockchain? In un futuro prossimo si potranno combinare i valori della Blockchain e dell’AI?
“Noi non osserviamo solo le blockchain, ma per quanto riguarda le tecnologie del digitale, come fondazione abbiamo finanziato un nuovo centro di ricerca che sta nascendo.
L’obiettivo è quello di sviluppare e promuovere una forma decentralizzata di IA, siamo ancora all’inizio, ma c’è molto interesse al riguardo. Infatti, è un obiettivo di diverse blockchain, tra le più importanti, quello di portare l’intelligenza artificiale dentro la loro architettura disegnata qualche anno fa.
La convergenza tra le due può dare origine a delle trasformazioni dei protocolli o alle architetture di governance. Potrebbe dare origine addirittura a delle nuove blockchain, diverse da quelle che abbiamo conosciuto finora.”
Spesso l’utilizzo della blockchain è stata messa in discussione per quanto riguarda la sostenibilità ambientale. Specialmente davanti a tecnologie “Proof of Work” si è criticato un eccessivo consumo di energia. Esiste un modo di utilizzare la blockchain senza avere un impatto così elevato sull’ambiente?
“Alla UCL io e il mio team abbiamo fatto diversi studi sull’impatto ambientale della blockchain.
Abbiamo comparato l’energia che consuma il Bitcoin, con l’energia che consumano tutte le altre maggiori Proof of Stake (PoS).
Abbiamo inventato dei nuovi modelli per misurare l’impatto energetico di queste blockchain, parametrizzato in base al numero di transazioni al secondo. Dallo studio si evidenzia che ci sono diverse blockchain che sono “carbon neutral e negative”.
Bisogna sfatare questo motivo che le blockchain non sono sostenibili. Tant’è che anche il Bitcoin negli ultimi anni si è mosso verso forme di energia rinnovabile. Diversi studi lo dimostrano.
Sebbene all’inizio ci fossero diverse notizie sul consumo del Bitcoin, era sicuramente vero all’epoca, ma non è più così.
Va considerato con attenzione lo sviluppo che queste tecnologie stanno avendo.
Anche le aziende blockchain guardano molto agli ESG (environmental, social, and governance) standard.
Ethereum stesso passando al Proof of Stake è stato l’emblema di questo cambiamento che il settore sta avendo. Quindi da questo punto di vista non vedo più un problema, ma un tentativo riuscito di migliorare.
Posso aggiungere che noi come DLT Science Foundation, a breve lanceremo una dashboard di prodotti, creati dalla nostra intelligence unit e tra questi prodotti ce ne uno che farà un track&rank per creare una healty competion tra le diversi blockchain. Una sorta di rating verso le metriche di consumo.”
Per ultimo, secondo lei, la tecnologia blockchain potrà cambiare il mondo? Cosa si aspetta per i prossimi anni?
“Sono molto perplesso dal disinteresse generale della società e della mancanza di educazione verso queste nuove tecnologie.
L’Italia tra l’altro è uno dei paesi minori in quanto ad educazione finanziaria, e successivamente se ne vedranno gli effetti.
Stiamo andando verso un avanzamento globale e alla maggior parte dei cittadini non sono dati i giusti strumenti per adattarsi a ciò. Anche i media, non quelli di settore, ma quelli più mainstream non si preoccupano di parlarne abbastanza, anche in maniera generale.
Mi viene in mente lo scandalo di FTX, nei media più generici che legavano lo scandalo di FTX con il Bitcoin, definendolo un altro “Bitcoin Scam”. In realtà sappiamo che è stato un “accounting fraud” che non ha niente a che vedere con il Bitcoin ed il mondo crypto in generale”. C’è un’ignoranza che crea disinformazione.
Se questo gap continua ad aumentare, in futuro ci saranno problemi non da poco, non verrà lasciato spazio alla vera innovazione.
Io a capo di questa fondazione e come professore universitario e voi come media, abbiamo l’obbligo morale di cercare di ridurre questo gap. Tramite programmi di informazione, di educazione ecc..
Cercare di educare non solo gli operatori di mercato, ma anche la gente comune. Vorrei vedere più festival, più convegni che parlino di queste nuove tecnologie.
Quello che mi aspetto è un crescita dell’adozione delle tecnologie in modo esponenziale esponenziale, ma solo se questo gap educativo verrà colmato. “