Niente di ufficiale ancora, ma pare che i giganti del fintech, prima Revolut e poi anche Robinhood, stiano pianificando di lanciare una propria stablecoin nativa. In questo senso, entrambe le società seguirebbero l’esempio di PayPal e della sua stablecoin PYUSD lanciata nel 2023.
Summary
Stablecoin: Revolut e Robinhood potrebbero seguire l’esempio di PayPal con PYUSD
Secondo quanto riportato da Bloomberg, pare che i giganti fintech di Revolut e Robinhood stiano studiando la possibilità di lanciare una propria stablecoin nativa.
Nello specifico, un portavoce di Robinhood Markets Inc. avrebbe dichiarato che “non ci sono piani imminenti” per l’emissione di una stablecoin, ma non ha smentito la considerazione della società al riguardo.
Non solo, anche per Revolut la situazione sembra simile. Anche se si tratta di “indiscrezioni”, pare che la piattaforma con sede nel Regno Unito voglia lanciare la sua stablecoin con l’obiettivo di consolidare la sua presenza nel settore crypto.
E infatti, un portavoce di Revolut ha detto che la società ha in programma di “far crescere ulteriormente” la sua suite di prodotti crypto, anche se ancora non ha confermato una futura stablecoin.
Ad ogni modo, i rumors sulla possibilità che questi due colossi del fintech emettano una propria stablecoin nativa, non sarebbe poi così una novità.
Sia Revolut che Robinhood seguirebbero infatti le orme di un altro gigante dei pagamenti digitali, PayPal, che nell’agosto 2023 ha emesso e lanciato nel mercato la sua stablecoin PYUSD.
Stablecoin e le valutazioni di Revolut e Robinhood: una competizione contro Tether?
Seguendo il ragionamento di Bloomberg, pare che dietro queste considerazioni di Revolut e Robinhood di emettere una propria stablecoin nativa, ci possa essere anche una competizione contro Tether.
E infatti, pare che la società crypto dietro la più grande stablecoin al mondo, Tether (USDT), potrebbe trovarsi in difficoltà in merito alle nuove norme MiCA che ancora non sono state implementate. Di recente, anche il CEO di Tether, Paolo Ardoino, ha criticato la particolare norma che richiede agli emittenti di stablecoin di detenere riserve nei depositi bancari.
In pratica, la disposizione del MiCA impone che il 60% delle riserve delle stablecoin siano depositi bancari. A tal proposito, Ardoino ha espresso la sua preoccupazione in quanto questa disposizione potrebbe complicare e rendere più rischiose le operazioni delle stablecoin.
E così, al momento, mentre Circle di USD Coin (USDC) possiede già una licenza richiesta per operare in UE, pare che Tether invece non disponga dei permessi appropriati per le future norme. Se non si trovasse una soluzione, questa situazione porterebbe i crypto-exchange che operano nell’UE a dover delistare proprio USDT.
Da notare, poi, c’è anche che il mercato delle stablecoin è praticamente dominato da Tether (USDT) che possiede un market cap totale di 119 miliardi di dollari, al momento della scrittura. Al secondo posto c’è USDC con 36 miliardi di dollari.
A questo punto, seguendo questo ragionamento, Robinhood e Revolut potrebbero essere in attesa di capire il mercato delle stablecoin, che diventerebbe più competitivo solo se Tether dovesse veder scendere la sua dominance.
La nuova USDS di BitGo che offre ricompense
Parlando di stablecoin, di recente BitGo ha presentato la sua nuova USD Standard (USDS) che sarà disponibile al pubblico da gennaio 2025.
Invece di competere con Tether in termini di licenze e legge, BitGo sta proprio cercando di rivoluzionare l’intero mercato, proponendo uno standard di stablecoin totalmente diverso dai precedenti.
E infatti, USDS sarà una stablecoin ancorata al dollaro 1:1 che però offre la possibilità di ottenere ricompense alle istituzioni che alimentano la sua liquidità.
Nello specifico, USDS sarà sostenuta da buoni del Tesoro a breve scadenza, pronti contro termine, overnight e contanti, come altre presenti sul mercato.
La sua peculiarità sarà quella di distribuire una parte dei rendimenti generati dalle sue riserve.
Per riuscire in questa missione senza passare come un dividendo (e diventare poi contratto di investimento), il processo di distribuzione dei rendimenti di USDS non include l’utente finale, ma solo le istituzioni che partecipano alla rete con la loro liquidità.