HomeCriptovaluteMining Bitcoin e centralizzazione. Le conseguenze di una contraddizione in termini

Mining Bitcoin e centralizzazione. Le conseguenze di una contraddizione in termini

Il mining del Bitcoin è centralizzato, è innegabile. La cosa interessante è quanto e come questo si è verificato, oltre alle possibili conseguenze. Lo stesso Jimmy Song, developer di Bitcoin Core, ha esaminato a fondo la questione in un post su Medium.

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Secondo Song, la centralizzazione del mining può essere riferita alla produzione dell’hardware utile al mining o al controllo diretto del hashrate da parte di una sola azienda.

La centralizzazione della produzione

Bitmain produce la maggior parte degli ASIC utilizzati per il mining di bitcoin, bitcoin cash e non solo. Una conseguenza è che in questo momento la maggior parte della potenza di calcolo che provvede al funzionamento della rete Bitcoin viene generata per mezzo di hardware prodotto da questa azienda.

La presunta indipendenza della blockchain del bitcoin si basa sulla presupposizione che Bitmain, nonostante ne controlli la produzione, non controlla il funzionamento della tecnologia.

Detto questo, seppur un’azione simile sarebbe probabilmente economicamente disastrosa per l’azienda, Bitmain in teoria potrebbe aver dotato i suoi ASIC di backdoor.

Una simile backdoor, se esistesse, potrebbe consentire la partecipazione forzata ad un determinato mining pool, l’indirizzamento delle ricompense di blocco a un determinato indirizzo, il boicottamento dei pool blacklistati o un l’implementazione di un kill-switch.

La reputazione di Bitmain verrebbe distrutta ed i suoi guadagni calerebbero sensibilmente, se dovesse essere rinvenuta una backdoor. Mentre le prime due tipologie sarebbero palesi, le altre due potrebbero essere più discrete. Detto questo però, è difficile immaginare che simili sistemi passerebbero inosservati.

Questo però non è l’unico problema portato dalla centralizzazione del mining bitcoin. Infatti, esiste il pericolo che l’hardware disponga di un determinato difetto.

Questo avrebbe conseguenze particolarmente disastrose se per un qualche motivo questo difetto dovesse manifestarsi in tutta la rete simultaneamente. In questo scenario, infatti, la maggior parte dell’hashrate della blockchain di bitcoin andrebbe improvvisamente perduta.

In linea generale, però, questo genere di problema tenderebbe a comportare un danno economico al produttore dovuto al calo di fiducia e quindi le vendite dell’azienda.

Altro potenziale problema citato da Song è tipico dei monopoli: potenziale manipolazione dei prezzi dell’hardware, la favorizione di certi gruppi rispetto altri o la restrizione dei utilizzi.

La centralizzazione del hashrate

Secondo Song questa categoria può essere ulteriormente suddivisa in due.

La prima è la centralizzazione dei mining pool, in questo caso un’azienda controlla pool i quali provvedono oltre la metà del hashrate alla rete.

Nel secondo caso una azienda possiede direttamente (o ha controllo su) hardware responsabile di oltre la metà del hashrate.

I possibili attacchi non sono tanto diversi, ma il modo in cui sono condotti non è il medesimo.

La differenza principale è che nel caso della centralizzazione dei pool, i miner possono semplicemente cambiare pool, mentre nel caso di una entità che controlla oltre il 50% del hashrate questo non è possibile.

Una cosa che questo genere di centralizzazione consentirebbe a chi ne trae vantaggio è quella di rifiutare tutti i blocchi prodotti dagli altri. La conseguenza sarebbe che questa entità riscuoterebbe tutte le ricompense di blocco e potrebbe censurare le transazioni.

Oltre a questo potrebbero portare al cosiddetto double spending, in quanto il controllo della maggior parte dell’hashrate equivarrebbe all’importo necessario per realizzare un attacco 51% con successo.

Altro modo per danneggiare la rete sarebbe quella di spegnere i mining rig: la rete, oltre a diventare più lenta, diverrebbe più vulnerabile ad attacchi 51%.

È difficile immaginare che qualcuno intraprenda questa via viste le perdite economiche che ne conseguirebbero. Infatti, smettendo di contribuire alla manutenzione della rete, l’azienda perderebbe fino a 1437BTC al giorno.

Cosa non comporta la centralizzazione del mining

La centralizzazione del mining non rende possibile privare gli utenti dei BTC in loro possesso. Per quanto centralizzata possa diventare la rete, i soldi sono protetti dalla chiave privata e, senza compromettere questa, non è possibile privare gli utenti dei loro fondi.

Non è possibile nemmeno cambiare il protocollo di Bitcoin. Questo, infatti, comporterebbe un hard fork per realizzare la quale occorrerebbe che tutti aggiornino i propri nodi.

Un’ulteriore precisazione: chiunque disponga di un sostanzioso hashrate è esposto economicamente allo stato della blockchain nella quale è coinvolto.

Attaccare la rete Bitcoin grazie ad hardware diminuisce il valore di BTC. Per questo sono pochi i potenziali motivi per cui qualcuno, anche potendo, sarebbe motivato a condurre un simile attacco.

Adrian Zmudzinski
Adrian Zmudzinski
Adrian è un appassionato di tecnologia e IT, specializzato nell'analisi di token, tecnologia blockchain e crypto. Il suo interesse verso Bitcoin risale al 2009, espandendosi al mondo delle crypto più in generale. Le sue analisi si concentrano per lo più sulle potenzialità tecnologiche alla base dei token.
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