Una ricerca di Trend Micro mostra come in Italia il lavoro da remoto abbia aumentato la consapevolezza della necessità di cybersecurity.
Di recente Trend Micro, azienda leader del settore, ha comunicato gli esiti di un’indagine condotta insieme a Sapio Research, sul lavoro da remoto che ha coinvolto oltre 13mila lavoratori in 27 paesi diversi. Per l’Italia hanno partecipato 506 aziende, intervistate a maggio 2020.
L’Italia è stata uno dei primi ad effettuare il lockdown, che ha costretto molti a lavorare da remoto. Questo ha permesso di incrementare sia l’utilizzo di piattaforme online, ma ha aumentato anche il pericolo di un utilizzo scorretto che con questi strumenti si può fare.
Ben il 73% degli intervistati ha detto di aver sviluppato una maggiore consapevolezza della cybersecurity. L’88% del campione dichiara di aver seguito alla lettera le istruzioni fornite dall’azienda, mentre il 96% concorda che la sicurezza della propria azienda dipende anche dal lavoro di ogni dipendente.
Purtroppo non tutti i dati sono rosei. Circa il 64% ha affermato che l’utilizzo di prodotti non ufficiali comporta un rischio non indifferente. Tuttavia il 51% dichiara di aver installato applicazioni non ufficiali su dispositivi aziendali, e ben il 34% ha inserito anche dati sensibili nelle stesse.
Altri dati sconcertanti li troviamo nell’utilizzo dei prodotti aziendali per usi personali, il 74% naviga per scopi privati, e l’11% va su siti sono pornografici, mentre il 5% addirittura va nel dark web, anche se il 79% ha impostato delle restrizioni sui siti che possono essere visitati.
Se ci spostiamo invece all’utilizzo di dati aziendali, allora abbiamo che il 37% accede da dispositivi privati, violando di fatto le policy di sicurezza che devono rispettare. Non solo: il 21% lascia utilizzare i dispositivi aziendali a persone non autorizzate, come partner 69%, amici 31% e bambini 21%.
Sconcertante invece è l’utilizzo di applicativi dato che 1/3 degli intervistati predilige la produttività rispetto alla protezione dei dati in quanto spesso gli applicativi forniti dalle aziende non sono ottimali. Questo potrà il lavoratore ad utilizzare sistemi più facili per completare il lavoro piuttosto che perdere troppo tempo ad imparare qualcosa che non conosce e che gli farebbe perdere troppo tempo, con il rischio di non rispettare eventuali scadenze impostegli.
Ed è qui che le aziende dovrebbero puntare, sulla formazione dei dipendenti e sulla cybersecurity, come ha affermato la psicologa all’Università Edge Hill, Linda K. Kane:
“I lavoratori sono molto diversi tra di loro e ci sono molti aspetti da considerare e che influenzano il comportamento, come i valori, le responsabilità aziendali e la personalità. Le aziende devono considerare queste differenze nel momento in cui effettuano corsi di formazione sulla cybersecurity con l’obiettivo di raggiungere una maggiore efficacia”.
Una formazione fondamentale ha continuato Lisa Dolcini, Head of Marketing di Trend Micro Italia:
“Le criticità sembrano esserci quando le consapevolezze sulla cybersecurity devono tradursi in comportamenti concreti. Le aziende devono tenere ben presenti le differenze all’interno della propria forza lavoro e insistere sulla formazione e sulla consapevolezza, in un momento in cui la cybersecurity è finalmente riconosciuta dai dipendenti come fondamentale”.
Di certo il problema della sicurezza è sempre importante e lo si nota anche dai vari attacchi che riportiamo in diversi ambiti e piattaforme, pensiamo anche ai casi su YouTube o quanto fa l’intelligence inglese per bloccare le mail scam.