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Il libro di Blocksize War ora in lingua farsi

Il testo di “Blocksize War” è ora disponibile anche in lingua farsi.

Blocksize War, Bitmex narra la “guerra dei blocchi”

Blocksize War è un libro pubblicato a marzo di quest’anno da Bitmex che racconta la storia della “guerra dei blocchi” di Bitcoin, che infuriò per oltre due anni dalla metà del 2015 alla fine del 2017.

Il problema che ha causato questo scontro è la dimensione dei blocchi sulla blockchain di Bitcoin.

La guerra

Originariamente Satoshi Nakamoto, quando creò il protocollo Bitcoin, non impose alcun limite alla grandezza che poteva raggiungere il singolo blocco. All’epoca, 2009, il problema non si poneva, perchè tutti i blocchi erano di dimensioni minime.

Ancora nel 2011, quando Satoshi scomparve, il problema della dimensione dei blocchi non si era ancora presentato, per via del numero molto ridotto di transazioni per le quali veniva richiesta l’inclusione in un blocco per la conferma.

Venendo minato solo un nuovo blocco ogni 10 minuti, qualora il numero massimo di transazioni che possono essere incluse in un blocco sia molto limitato, la rete Bitcoin potrebbe gestire un numero davvero troppo ridotto di transazioni.

Il fatto è che, per proteggere soprattutto la decentralizzazione del mining, conviene imporre ai blocchi una dimensione massima decisamente contenuta, che contrasta con la necessità di convalidare quante più transazioni possibili inserendole in un blocco.

La guerra per la dimensione dei blocchi di Bitcoin si è conclusa senza vincitori né vinti.

Quindi da un lato c’era chi preferiva una dimensione del blocco inferiore, che garantisse maggiore decentralizzazione a scapito della scalabilità, mentre dall’altro c’era chi era disposto a sacrificare un poco di decentralizzazione pur di aumentare il numero di transazioni gestibili.

A sostegno dei primi inoltre iniziava ad esserci l’ipotesi di utilizzare un second layer, chiamato poi Lightning Network, che consentisse transazioni off-chain in modo da poter scrivere sulla blockchain un numero di transazioni inferiore ma garantendo la scalabilità.

Alla fine sembra proprio che sia prevalso quest’ultimo scenari, visto che la “Blocksize War” si è conclusa con un nulla di fatto. Ancora oggi infatti la dimensione massima di ogni blocco registrabile sulla blockchain di Bitcoin è di 1 MB, esattamente come nel 2015.

I fork di Bitcoin

Nel novembre del 2017 sembrava poter essere accettata una modifica al protocollo Bitcoin per consentire blocchi da 2 MB, ma questa proposta fu ritirata all’ultimo minuto perchè non aveva raccolto un ampio consenso.

Dalla “Blocksize War” nacque anche il progetto Bitcoin Cash (BCH), che ha limiti di gran lunga superiori alla dimensione dei blocchi, di più di un ordine di grandezza superiori rispetto a quelli di Bitcoin.

Sebbene si concluse senza né vincitori né vinti, tale conflitto ebbe però il merito di portare alla luce una questione profonda, ovvero chi controlla le regole del protocollo Bitcoin. Alla fine la rinuncia alla modifica del protocollo mostrò quanto sia difficile modificarlo se non si riesce a raccogliere un consenso molto ampio. Quest’anno il soft-fork Taproot ha richiesto il 90% di consenso tra i miner per poter essere approvato. 

Inoltre ha mostrato anche chiaramente quanto sia difficile per un fork prendere il posto del protocollo originale, visto che inizialmente si credeva che BCH avesse qualche possibilità di scalzare BTC grazie a fee molto più contenute dovute ad una maggiore dimensione del blocco. Questo però non è accaduto, dimostrando l’incredibile solidità del protocollo Bitcoin, che di fatto ha resistito a qualsiasi tentativo di modifica.

Marco Cavicchioli
Marco Cavicchioli
"Classe 1975, Marco è stato il primo a fare divulgazione su YouTube in Italia riguardo Bitcoin. Ha fondato ilBitcoin.news ed il gruppo Facebook "Bitcoin Italia (aperto e senza scam)".
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