Alle 20:00 di ieri sera al FOMC, Jerome Powell, il Presidente della Fed, ha annunciato un aumento dei tassi di interesse di 75 punti base.
Summary
Continua l’aumento dei tassi da parte della Fed
L’annuncio di ieri sera del Presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, al FOMC è stato di un aumento di 75 punti base che porta l’interesse totale americano a 3,25%, il più alto dal 2008 a questa parte confermando la mano ferma della politica monetaria degli Stati Uniti d’America.
L’aumento segue gli ottimi risultati fino ad ora riscontrati dal pugno di ferro della banca centrale americana che a giugno aveva ottenuto una flessione del dato sull’inflazione addirittura leggermente sopra le aspettative e che per tutta risposta ha deciso di continuare sullo stesso passo.
Appena pronunciato il verdetto di ieri della Fed i mercati hanno tirato un sospiro di sollievo in quanto da tempo si prevedeva che l’aumento dei tassi di interesse sarebbe stato di almeno 75 punti con alcuni analisti che tuttavia paventavano un aumento di addirittura 100 punti base.
Dagli anni ’90, la Fed non ha mai alzato i tassi di interesse di un intero punto percentuale, secondo le statistiche della storia.
La paura era reale coadiuvata dalle dichiarazioni della banca centrale americana e del suo entourage che davano per probabile un aumento di tali dimensioni anche in un’unica volta qualora le condizioni economiche fossero state tali da richiedere un intervento così invasivo.
La settimana scorsa c’era un’aspettativa del 48% di un aumento di un punto intero percentuale da parte della Fed mentre i mercati avevano prezzato solo 75 punti base. Se si fosse andati realmente verso 100 punti base la cosa avrebbe potuto portare ancora più in basso i mercati.
Il tasso di inflazione statunitense dell’8,3% riscontrato a giugno di quest’anno è al livello più basso da aprile 2022 che speriamo potrebbe essere stato il picco di questa corsa dell’inflazione.
In questo quadro, che da una luce migliore ai mercati e rasserena gli investitori, tuttavia aleggia la questione di quanto durerà questa salita dei tassi in risposta a un CPI importante, la paura è la possibilità che i tassi di interesse possano rimanere più alti per un periodo di tempo più lungo quando si renderà necessario mollare con gli aumenti e combattere con l’arma della persistenza.
L’aumento dei tassi e la lotta tra Fed e inflazione
Powell prevede un aumento massimo complessivo dei tassi tra i 100 e i 125 punti base da qui alla fine dell’anno e ciò porta a pensare che in attesa del prossimo dato sull’inflazione che potrà confermare o ribaltare questo piano, la decisione della Fed sull’attuale aumento di 75 punti base sembra non sarà replicata in futuro almeno quest’anno.
Le stime degli analisti sono concordi che al prossimo dato sul CPI avremo ancora una discesa dell’inflazione seppur si ritenga che questa sarà lieve.
Mentre tutti i dati macroeconomici lasciano intendere che il futuro vede un forte rallentamento dell’economia statunitense, frutto dell’incrocio di più fattori, quali inflazione, tensioni con la Cina, aumento dei costi delle materie prime, dollaro americano forte, dati sull’occupazione, e così via, la recessione tanto acclamata da più parti non sembra abbandonare il quadro ma viene ridimensionata e si pensa farà meno danni del previsto complice anche un’economia americana forte con l’occupazione a ottimi livelli e i consumi più o meno stabili nonostante i rincari.
Quando il dato sull’occupazione peggiorerà ed arriveranno i tagli (previsti per circa il 10/15%) del personale delle aziende, frutto di bilanci in contrazione, dollaro forte e difficoltà nel reperimento di materie prime, allora la Fed sarà messa spalle al muro e dovrà decidere se salvare l’economia Americana ed il tessuto sociale, piuttosto che correggere l’inflazione e magari accettare un CPI leggermente più alto della norma.
Il Presidente Powell, ha dichiarato:
“Dal punto di vista del nostro mandato del Congresso per sostenere la massima occupazione e la stabilità dei prezzi, il quadro attuale è evidente: il mercato del lavoro è estremamente teso e l’inflazione è troppo alta. Man mano che la posizione della politica monetaria si inasprirà ulteriormente, probabilmente diventerà appropriato rallentare il ritmo degli aumenti”.
Stati Uniti e la recessione
Si è ufficialmente in recessione quando i dati sul PIL sono negativi per almeno due trimestri consecutivi. Questo è quanto riportato dai libri di testo, ma il tema sembra essere stato recentemente messo in discussione.
Powell e soci durante la precedente riunione del FOMC hanno minimizzato sulla recessione, arrivando ad affermare prima di tutto che non dipende da un dato singolo, cosa in parte vera e che inoltre, l’America non vede il pericolo di una recessione, vista la solidità della propria economia.
Sempre nel precedente FOMC, la Federal Reserve aveva spiegato
“I recenti indicatori di spesa e produzione si sono indeboliti. Tuttavia, i guadagni sul fronte del lavoro negli ultimi mesi sono stati robusti e il tasso di disoccupazione è rimasto basso. L’inflazione rimane elevata, riflettendo gli squilibri di domanda e offerta correlati alla pandemia, all’aumento dei prezzi dei generi alimentari e dell’energia e alle più ampie pressioni sui prezzi. La guerra della Russia contro l’Ucraina sta causando enormi danni umani ed economici.
La guerra e gli eventi correlati stanno creando ulteriori pressioni al rialzo dell’inflazione e stanno pesando sull’attività economica mondiale. Il Comitato è altamente attento ai rischi inflazionistici e cerca di ottenere il massimo dell’occupazione e di portare l’inflazione al 2% nel lungo periodo. A sostegno di questi obiettivi, il Comitato ha deciso di aumentare l’intervallo obiettivo per il tasso sui fondi federali nella fascia 2,25%-2,50%. Inoltre, il Comitato continuerà a ridurre le sue partecipazioni in titoli del Tesoro e corporate bond e titoli garantiti da mutui”.
Da quarant’anni a questa parte non si era mai verificato che la Federal Reserve alzasse i tassi per tre aumenti consecutivi da 75 punti base.