HomeCriptovaluteUSA: la disputa sui premi in Dogecoin di Coinbase finirà in tribunale

USA: la disputa sui premi in Dogecoin di Coinbase finirà in tribunale

Ieri, la Corte Suprema degli USA ha stabilito che la disputa legale riguardante i premi in Dogecoin di Coinbase non potrà essere risolta con un semplice arbitrato, ma è di competenza dei tribunali.

La sentenza infatti afferma esplicitamente che deve essere un tribunale, e non un arbitro, a decidere se il primo accordo delle parti è stato sostituito dal secondo. 

La disputa sui premi in Dogecoin di Coinbase: la Corte Suprema degli USA si dichiara

La disputa è iniziata addirittura nel 2021, quando un certo David Suski ha denunciato Coinbase per non averlo adeguatamente informato che per prendere parte agli Sweepstakes lanciati dall’exchange su DOGE non fosse strettamente necessario acquistare i token. 

All’epoca il prezzo di DOGE era sceso dal massimo storico di 0,73$ di maggio agli 0,16$ di due mesi dopo, quando Suski denunciò Coinbase

Sebbene in quel momento il prezzo di Dogecoin fosse notevolmente superiore agli 0,005$ con cui aveva iniziato il 2021, e nonostante nei mesi seguenti tornò perlomeno sopra gli 0,35$, nel corso del 2022 finì per tornare anche sotto gli 0,06$, acuendo il problema di Suski.

Il boom di DOGE iniziò proprio a gennaio 2021, quando grazie ai tweet di Elon Musk balzò da 0,005$ a 0,1$, con un incredibile +2.000% in un mese. 

Questo boom proseguì anche a febbraio, a marzo e ad aprile dello stesso anno, fino a raggiungere il picco massimo l’8 maggio 2021 quando Elon Musk partecipò al Saturday Night Live nelle vesti di Dogefather. 

Evidentemente chi aveva acquistato Dogecoin da aprile a giugno lo aveva pagato di più di quanto valesse a luglio dello stesso anno. 

In particolare Suski aveva accusato Coinbase di averlo indotto ad acquistare DOGE il 3 giugno 2021, quando la società inviò un’e-mail ai propri utenti intitolata “Trade Doge, Win Doge” in occasione del listing di Dogecoin su Coinbase.

In quel momento il prezzo di DOGE era superiore agli 0,32$, ovvero il doppio degli 0,16$ toccati il mese successivo. 

Il problema alla base

Evidentemente un’email che aveva come soggetto “Trade Doge, Win Doge” consigliava ai propri utenti di fare compravendita di DOGE per vincere premi in DOGE. 

Sebbene questo non significasse necessariamente che i DOGE comprati andassero holdati, sembrava però significare che andassero comunque comprati. 

Invece Suski afferma che la campagna pubblicitaria era rivolta a tutti, anche a chi non aveva comprato DOGE, perchè potevano partecipare gratuitamente tutti gli utenti di Coinbase inviando una semplice scheda con le informazioni richieste, senza nemmeno essere costretto a tradare realmente Dogecoin. 

L’equivoco era dovuto al fatto che l’e-mail inviata da Coinbase invitava esplicitamente a partecipare al concorso facendo trading, ma nella pagina del loro sito web dedicata alle regole del concorso c’era invece scritto che si sarebbe potuto partecipare anche solamente inviando a Coinbase la scheda con i dati.

A quel punto Suski ha denunciato Coinbase per pubblicità ingannevole, con l’obiettivo di indurre gli utenti ad acquistare almeno 100$ di DOGE. 

Il vero problema per Coinbase è che Suski ha lanciato una vera e propria class action che ha raccolto anche molti altri denunciati, che nel complesso richiedono un risarcimento di oltre 5 milioni di dollari. 

L’arbitrato non concesso

La società aveva chiesto che la causa non andasse in tribunale, ma che potesse essere risolta con un arbitrato diretto tra la società stessa ed i denuncianti. 

Il giudice Neil Gorsuch però ha fatto notare che l’arbitrato prevede che entrambe le parti concordino sul fatto di affidare la risoluzione della questione ad un arbitro, ed anche se Coinbase preferisce l’arbitrato per risolvere le controversie finanziarie, così come scritto anche nei termini di utilizzo della piattaforma, i denuncianti di questo caso invece preferiscono andare in tribunale. 

E così la Corte Suprema degli Stati Uniti ha sentenziato che un caso come questo non può essere risolto con un arbitrato, anche se i termini di utilizzo della piattaforma lo prevederebbero. L’alternativa quindi è affidare la soluzione del problema ai tribunali distrettuali, così come richiesto dai denuncianti. 

Da notare che questa sentenza della Corte Suprema ha anche negato l’ipotesi di Coinbase secondo cui andare in tribunale in casi come questo potrebbe creare il caos e facilitare le contestazioni delle clausole di utilizzo delle piattaforme, affermando esplicitamente di ritenere che a questa sentenza non seguirà il caos. 

La questione era comunque decisamente complessa, perchè in realtà i tribunali statunitensi non sono autorizzati ad intervenire nelle dispute legali quando i contratti di utilizzo contengono solamente una clausola compromissoria. 

Ma nel caso in cui gli utenti concordano due contratti, uno che prevede l’arbitrato ed un altro che prevede che le controversie di arbitrabilità siano affidate ai tribunali, è un tribunale a dover decidere quale dei due contratti predomina. 

Marco Cavicchioli
Marco Cavicchioli
"Classe 1975, Marco è stato il primo a fare divulgazione su YouTube in Italia riguardo Bitcoin. Ha fondato ilBitcoin.news ed il gruppo Facebook "Bitcoin Italia (aperto e senza scam)".
RELATED ARTICLES

MOST POPULARS

GoldBrick