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Ucraina, Russia e dintorni: cosa succede con le crypto e perché dovrebbe interessarci?

La notizia è rimbalzata con enfasi non solo sulle principali testate che si occupano del mondo crypto, ma anche sui più blasonati quotidiani economici nazionali: l’Ucraina ha approvato una legge per regolamentare le criptovalute. 

Qualcuno ha usato l’espressione “legalizzazione delle criptovalute”. E tutto questo avviene proprio nei giorni in cui la Repubblica di El Salvador ha deciso di attribuire al Bitcoin lo status di valuta avente corso legale.

Le leggi in Ucraina e la regolamentazione crypto in Russia

Inevitabili i parallelismi tra i due Paesi da parte di diverse testate con il rischio, però, di alimentare qualche equivoco. 

Quello che è accaduto in Ucraina ha ben poco a che vedere con il caso del Paese sudamericano. Presenta invece una serie di importanti similitudini con quanto è successo nella vicina Russia, appena un anno prima (luglio 2020), quando è stata approvata una legge federale (la 259-FZ).

I provvedimenti dei due paesi hanno contenuti non molto differenti tra loro: 26 articoli la legge ucraina, 27 quella russa. 

Passandole in rassegna, queste due leggi appaiono concepite per fornire una serie di definizioni univoche sui vari concetti di criptovaluta, asset digitale, wallet.

Operano inoltre una serie di attribuzioni agli organismi di vigilanza; indicano le operazioni che gli intermediari finanziari possono legittimamente effettuare con criptovalute e asset digitali e stabiliscono requisiti e meccanismi di autorizzazione per i soggetti che intendono operare offrendo servizi di intermediazione e scambio. 

Possono anche imporre obblighi informativi e diritti di chi opera nell’ecosistema a seconda dei vari ruoli (dall’investitore al soggetto che eroga servizi al pubblico) stabilendo norme e vincoli da rispettare in funzione antiriciclaggio. 

Testi di legge a confronto

Abbiamo due testi di legge che si propongono di regolare il traffico dei valori economici che circolano a bordo di criptovalute, cercando di stabilire delle regole di sicurezza e sforzandosi di lasciare questo settore di attività nella sfera dell’autonomia privata delle parti.

Le due leggi  presentano una serie di rilevanti similitudini nella struttura, sia pure con comprensibili differenze nella formulazione testuale delle singole disposizioni. 

Nonostante le molte analogie, l’approvazione della legge nella Federazione Russa non ha fatto lo stesso scalpore dell’approvazione dell’analogo provvedimento in Ucraina.

Esaminando i due provvedimenti è piuttosto evidente che lo scopo che i legislatori di entrambi i Paesi hanno inteso perseguire sia quello di incanalare le attività finanziarie in criptovalute all’interno di una sfera in cui è possibile esercitare una certa forma di controllo, senza però renderne radicalmente illegale l’impiego.

Purché si rispettino determinate condizioni. Da qui l’impianto di autorizzazioni, gli obblighi di trasparenza e di identificazione degli operatori, che vengono tratteggiati in entrambi i testi di legge.

Ucraina Russia Crypto
L’Ucraina guarda alle criptovalute

Legittimazione e approccio crypto

Questo tipo di approccio, tra l’altro, favorisce anche un processo di avvicinamento degli operatori bancari convenzionali al mondo di investimenti ed operazioni in criptovalute, purché tutte queste attività ed iniziative si mantengano all’interno del perimetro rigorosamente tracciato dalla legge. 

Entrambe le leggi contengono una esplicita e rassicurante legittimazione per gli intermediari bancari ad operare scambi e conversioni tra valuta fiat e criptovalute. 

Non sembra casuale quindi, che il colosso bancario russo Sberbank, appena pochi mesi dopo l’approvazione della legge russa, abbia annunciato il lancio di un suo token crittografico, lo Sbercoin.

Proprio in quei due Paesi quindi il tentativo in corso sembra essere quello di voler “addomesticare” questo stallone scalciante costituito dal mercato delle criptovalute per portarlo, debitamente ammansito, lungo una specie di percorso guidato, nei pascoli della finanza tradizionale.

Si tratta di una scelta economica di respiro strategico molto lontana da quelli che si scorgono essere gli scopi effettivi dietro la scelta di El Salvador, di adottare il Bitcoin come valuta legale in quel Paese. 

Bitcoin come valuta a corso legale a El Salvador

La decisione di El Salvador di attribuire per legge ad una specifica criptovaluta lo status di valuta avente corso legale, non ha niente di criptoanarchico. Semmai, è una decisione apertamente utilitaristica.

A El Salvador, è vero che i Bitcoin sono diventati un mezzo di pagamento del tutto equivalente ad una valuta fiat come il dollaro o l’euro, ma questo implica che nella repubblica di El Salvador chi riceve un pagamento in Bitcoin è tenuto ad accettarlo e che quel pagamento ha effetto liberatorio.

E questo a sua volta comporta che, una volta eseguito un pagamento in Bitcoin, il debito correlato, per effetto della legge, automaticamente si estingua. 

Tuttavia nulla di tutto questo è lontanamente assimilabile, né sul piano delle finalità, né sul piano degli effetti concreti, alla vicenda delle leggi approvate in Ucraina e, prima ancora, in Russia.

Per il momento ci basti osservare che tutta l’operazione a El Salvador sembri perseguire il fine di realizzare un significativo incremento del PIL nazionale.

Con l’adozione del Bitcoin come valuta legale dello Stato, si ottiene infatti un rilevante abbattimento dei costi delle commissioni sulle rimesse dall’estero dei molti lavoratori emigrati all’estero a favore delle famiglie d’origine.

Il ricorso al Bitcoin come soluzione sociale

Questa è una voce molto importante nell’economia nazionale e, una volta che i costi delle relative commissioni dei vari servizi di trasferimento finiranno nelle tasche degli effettivi destinatari, tutte queste risorse verranno rimesse in circolo nell’economia nazionale, generando un incremento del PIL stimato all’incirca nell’1%.

Il ricorso alle rimesse in Bitcoin, sarebbe incentivato non solo dal risparmio sulle commissioni ma anche dal fatto che l’adozione della criptovaluta come moneta avente corso legale renderebbe poi superflua la riconversione in dollari.

Tutto quello che sta accadendo, dalla Russia all’Ucraina, passando per la realtà nuova dello Stato di El Salvador, costituisce lo specchio di uno scenario evolutivo in cui un legislatore pragmatico, decide di trovare un modo per mettere le briglie ad un mercato nuovo, offrendo un tot di legittimazione in cambio di un tot di capacità di vigilanza e controllo. 

L’osservazione di questo fenomeno e delle sue prossime evoluzioni, ad un giurista, che sia italiano o più in generale dell’Europa occidentale, può permettere di prefigurarsi la formazione di possibili framework normativi che seguano schemi analoghi.

Come si pensa che finiranno per evolversi prima o poi le grandi economie occidentali e i relativi sistemi normativi? 

In direzione di un modello sul tipo di quello sudamericano, in cui si fa indossare un nobile cappello da cypherpunk ad una legge? 

Oppure piuttosto nella direzione di un modello che potrebbe assomigliare a quello russo ed ucraino? Un modello che miri alla progressiva erosione dei più spiccati caratteri libertari delle criptovalute, per agevolarne il processo diretto con il supporto dell’establishment politico?

Luciano Quarta - The Crypto Lawyer
Luciano Quarta - The Crypto Lawyer
Luciano Quarta, avvocato tributarista in Milano, managing partner e fondatore dello studio legale tributario QRM&P, ha all’attivo molte pubblicazioni sugli aspetti legali e tributari di legal tech, intelligenza artificiale e criptovalute. Relatore in numerosi convegni sulla materia, tiene la rubrica “Tax & the city” per il quotidiano La Verità e scrive regolarmente per la rubrica Economia e tasse della testata Panorama. È membro della Commissione Giustizia Tributaria presso l’Ordine degli Avvocati di Milano ed è il referente della sede milanese dell’associazione interdisciplinare per lo studio e le applicazioni dell’intelligenza artificiale GP4AI (Global Professionals for Artificial Intelligence).
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