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Dati on-chain di Bitcoin: i fattori chiave da analizzare tra il calo della difficulty e la contrazione della liquidità sul mercato

In questo articolo andiamo ad osservare quelli che sono i dati on-chain più interessanti per Bitcoin.

Mentre il costo per estrarre un BTC si avvicina all’attuale prezzo di mercato della criptovaluta, l’hash rate scende silenziosamente dando spazio ad una diminuzione della difficoltà della rete.

Nel frattempo i Bitcoin liquidi presenti sui mercati diventano sempre più rari, con gli holders della crypto che non demordono e custodiscono gelosamente le loro monete da più di anno.

Complessivamente la situazione per Bitcoin è molto complessa: le metriche on-chain ci aiutano dandoci delle indicazioni per il medio periodo, ma allo stesso tempo l’economia americana riflette dati contrastanti tra di loro.

Vediamo tutti i dettagli di seguito.

Difficoltà del network Bitcoin in calo dopo il ribasso dell’hash rate

Analizzando i dati on-chain di Bitcoin ci accorgiamo subito che la difficoltà di estrazione della rete è in calo, con il recente aggiustamento del 6 settembre che ha portato ad un -2,65% nei tempi di risoluzione di un blocco.

Gli aggiustamenti della difficoltà del network avvengono ogni 2 settimane circa (più precisamente ogni 2016 blocchi) assicurandosi che ogni blocco venga aggiunto alla blockchain di Bitcoin approssimativamente ogni 10 minuti.

Un aumento della difficoltà suggerisce che la competizione tra i miners si sta facendo più elevata e con la potenza di calcolo complessiva della rete che cresce.

Al contrario, un calo di questa metrica indica una riduzione della presenza dei miners e una potenza di calcolo complessiva in ribasso.

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In effetti, pur constatando che il trend generale dell’hash rate è estremamente positivo con un incremento anno dopo anno della sicurezza della rete, nel breve periodo le cose sono leggermente diverse.

La media a 14 giorni di questo indicatore ci mostra come all’inizio di settembre ci sia stato un calo sostanziale del lavoro dei minatori, che contribuiscono tramite la loro forza computazionale  a convalidare transazioni e garantire il perfetto funzionamento della blockchain di Bitcoin.

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A sua volta la riduzione dell’hash rate dipende da un contesto in cui la profittabilità per i miners si sta facendo sempre più risicata dopo l’ultimo deprezzamento della criptovaluta.

Mentre infatti i prezzi di Bitcoin recentemente sono scesi sotto i 26.000 dollari, il costo medio di estrazione per ogni singola moneta è aumentato leggermente fino ad arrivare a circa 23.289 dollari.

In una situazione del genere dove il margine di profitto è minimo, molti addetti ai lavori hanno preferito spegnere i loro hardware in attesa di tempi migliori.

Da sottolineare anche come questi dati rappresentano una media sulla base dei costi elettrici negli USA forniti dall’università di Cambridge.

Se prendessimo come riferimento il resto del mondo, osserveremo costi molto più elevati in alcuni paesi come l’Italia e costi molto più ridotti in paesi come il Libano. 

In tal senso è però opportuno ricordare che la maggior parte della potenza di calcolo della rete proviene dagli Stati Uniti, dove sono presenti grandi compagnie di estrazione come Foundry USA, Riot Blockchain, Hut8 mining, Marathon Digital e Bitfarms.

Bitcoin: i dati on-chain mostrano una contrazione della liquidità con gli holders della crypto che rimangono fermi sul mercato

Mentre i dati relativi alle attività di mining non sono tra i più ottimali, possiamo vedere come gli holders di Bitcoin non demordono e rimangono convinti delle potenzialità della criptovaluta sul lungo periodo.

La maggior parte della supply di Bitcoin è infatti illiquida, ergo non viene movimentata da oltre un anno. Nel dettaglio il 68,65% della supply è in mano agli holders (o si riferisce a moenete perse e non più accessibili per via della perdita di chiavi private) che non fanno altro che attendere un aumento sostanziale del prezzo della moneta in vista del prossimo halving.

Circa 4,12 milioni di BTC rappresentano la vera liquidità dell’asset, dove la maggior parte viene gestita da operatori centralizzati come gli exchange.

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In un contesto del genere, dove osserviamo un interesse generale basso per gli investimenti in asset speculativi come Bitcoin, e una supply liquida ridotta per la moneta crittografica, i rischi di manipolazione dei prezzi sono molti alti.

Ora i movimenti sul mercato dipendono molto da fattori esterni alle logiche del mercato crypto come le decisioni della FED sui tassi di interesse e le questione relative all’approvazione/negazione di un ETF spot per Bitcoin.

Sebbene questo non sia propriamente positivo visto che il prezzo della criptovaluta è in balia di diversi squali, dobbiamo comunque ammettere che la situazione sul lungo periodo si fa sempre più positiva.

Il fatto che la supply di breve periodo diventi sempre più illiquida è un fattore che mette in risalto la scarsità in ambito digitale dell’asset con un interesse sempre più forte dei bitcoiners a mettere in cassaforte i propri satoshi.

Una forte accumulazione è dunque in corso.

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Un quadro complesso da analizzare: cosa osservare nelle prossime settimane

Il quadro generale per Bitcoin si fa sempre più complesso, con i dati on chain che sono leggermente preoccupanti per il breve periodo e decisamente più incoraggianti nel lungo periodo.

Allo stesso tempo però tutti questi ragionamenti vanno inseriti all’interno dello logiche dei mercati statunitensi  che potrebbero cambiare totalmente le carte in tavola, quantomeno da qui ai prossimi 6-12 mesi.

L’economia americana mostra anch’essa segnali contrastanti e non è d’aiuto per  giungere ad una chiara conclusione con il settore dei servizi in crescita che guida il sostentamento del paese ed un’inflazione purtroppo ancora non propriamente sotto controllo.

La produttiva sembra stia aumentando ma il rapporto scorte/vendite è sceso ai minimi degli ultimi 3 anni segnalando che c’è qualcosa che non sta andando per il verso giusto.

Da sottolineare inoltre come il dollaro non stia passando uno dei momenti migliori dell’ultimo decennio, visto e considerando anche i recenti attacchi con la formazione dell’alleanza BRICS.

Sul fronte Bitcoin, visto l’incertezza che prevale in ogni aspetto, sarà importante osservare quelle che saranno le prossime decisioni della SEC in vista della deadline per l’approvazione dell’ETF di BlackRock.

L’approvazione di un prodotto finanziario del genere potrebbe infatti legittimare l’asset su un piano più istituzionale portando ad un elevato aumento dei volumi  e stravolgendo le attuali situazioni di dominio.

Allo stesso tempo i prossimi FOMC della FED saranno fondamentali per capire cosa ha in mente Powell per i prossimi mesi, con gli investitori che si aspettano un ritorno ad una politica monetaria espansiva entro maggio del prossimo anno.

Nel frattempo per la prossima riunione le probabilità ci indicano che i tassi d’interesse rimarranno invariati al 5,25-5,50% con un solo 7% di possibilità di un incremento di 25 punti basi.

Finchè i tassi rimarranno così alti sarà difficile assistere ad un flusso concreto di capitali, visto e considerando che gli investitori prediligono investire in titoli di stato che danno uno yield assicurato e dignitoso, piuttosto che spostarsi sull’incertezza dei mercati speculativi.

Quando e se invece torneremo ai tassi d’interesse vicino allo zero, allora potremmo aspettarci un forte rialzo del prezzo di Bitcoin e di tutto il comparto azionario USA.

Alessandro Adami
Alessandro Adami
Laureato in "Informazione, Media e Pubblicità", da oltre 4 anni interessato al settore delle criptovalute e delle blockchain. Co-Fondatore di Tokenparty, community attiva nella diffusione di crypto-entuasiasmo. Co-fondatore di Legal Hackers Civitanova marche. Consulente nel settore delle tecnologie dell'informatica. Ethereum Fan Boy e sostenitore degli oracoli di Chainlink, crede fermamente che in futuro gli smart contract saranno centrali all'interno dello sviluppo della società.
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