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I miner si apprestano a vendere i loro Bitcoin in preparazione dell’halving di aprile

Negli ultimi mesi i miner di bitcoin stanno capitalizzando le proprie estrazioni andando a ridurre notevolmente il saldo di BTC nei propri wallet in preparazione al tanto atteso halving.

Questo evento, previsto indicativamente per il 19 aprile 2024, dimezzerà per la quarta volta nella storia del protocollo crittografico, le ricompense per la validazione dei blocchi ai miner diminuendo di fatto le loro entrate. 

Lo stesso trend è osservabile anche nei bilanci degli exchange, in cui sono custoditi sempre meno bitcoin in un downtrend che prosegue ormai dal 2020.

Nel frattempo Wall Street compra tutto ciò che il mercato ha da offrire, ad un tasso di velocità maggiore di 10 volte rispetto ai tempi di creazione di nuove monete.

Vediamo tutti i dettagli di seguito.

Bilancio sui wallet dei miner di Bitcoin ai minimi da luglio 2021: molte vendite in attesa dell’halving

I miner stanno vendendo i propri bitcoin in attesa dell’esecuzione del quarto halving della storia del protocollo, che dimezzerà i proventi dell’estrazione crittografica dagli attuali 6,25 BTC a 3,125 BTC per blocco.

Questa non è affatto una novità: è risaputo infatti che i miner periodicamente si apprestano a liquidare ciò che hanno prodotto.

Ciò non significa che non credono nell’apprezzamento futuro della moneta, ma piuttosto sono in qualche modo “obbligati” a capitalizzare parte del profitto per pagare alcune spese fisse e variabile che incorrono nel  proprio business, come ad esempio  corrente, nuovi hardware, locazione di affitto, dipendenti ecc.

Se infatti osserviamo il grafico “Bitcoin: Balance In Miner Wallets” offerto dalla società di analisi on-chain Glassnode, possiamo facilmente accorgerci di come questo trend sia palesemente discendente nel corso degli anni.

Dopo un picco iniziale raggiunto nel 2012, quando ancora Bitcoin ed il mining erano un passatempo da nerd, i miner hanno costantemente diminuito l’ammontare di BTC presenti nei propri portafogli passando da oltre 2,5 milioni di coin fino alle attuali  1,8 milioni di unità.

bitcoin miner halving

Negli ultimi mesi però questa tendenza ha visto una forte accelerazione, con i numeri che sono scesi drasticamente da novembre 2023 fino ad oggi.

L’halving di aprile che dimezzerà la quantità di BTC estraibili ogni singolo blocco aumentano contemporaneamente i costi di  produzione, influisce sicuramente sulla volontà degli addetti ai lavori di fare un po ‘di cassa per prepararsi ai mesi seguenti l’aggiornamento.

Di mezzo quest’anno c’è anche però da considerare l’andamento della price action di Bitcoin, che inaspettatamente ha performato molto meglio rispetto ai cicli precedenti, in cui nelle fasi di pre-halving tendenzialmente non si registrano particolari rialzi.

A questo giro invece Bitcoin rischia di andare a segnare nuovi massimi prima del noto avvenimento quadriennale, sconvolgendo tutte le carte in tavola.

I miner molto probabilmente hanno approfittato di questa situazione, vendendo circa 18.000 BTC da novembre ad oggi, per un valore attuale di oltre 1,12 miliardi di dollari.

Nel dettaglio secondo i dati Glassnode, dalla seconda metà di ottobre il saldo di bitcoin sui wallet dei miner è passato da 1,83 milioni di coin alle attuali 1,812 milioni, con una decrescita di 8.426 BTC (530 milioni di dollari) da gennaio. 

A questo proposito possiamo riportare quanto esplicitato recentemente da FRNT Financial, nota piattaforma crittografica con sede a Toronto, che nota questo comportamento diffuso da parte di chi occupa di estrarre criptovalute:

“I miner potrebbero anche essere propensi a vendere per posizionarsi meglio in vista dell’halving. Ciò potrebbe comportare l’acquisto di attrezzature minerarie più efficienti a causa delle nuove economie che il dimezzamento porterà.”

Un’altra spiegazione del fatto che i miners stanno liquidando gran parte delle proprie scorte è da ricercarsi nelle difficoltà incontrate dagli operatori nel sud-ovest della Cina, dove da ottobre è in corso una stagione di secca che comporta costi di estrazione più elevati (il solo raffreddamento degli hardware rappresenta un costo notevole).

La Cina al momento rappresenta circa il 20% dell’hashrate totale sulla rete Bitcoin, dunque potenzialmente le vendite dei minatori cinesi hanno influenti sui numeri dell’intero mercato.

Anche qui  FRNT Financial dà il proprio contributo sull’argomento, citando:

“È noto che i minatori in alcune regioni cinesi portano online hardware aggiuntivo durante la stagione delle piogge, quando l’energia idroelettrica diventa abbondante. Presumibilmente, i minatori potrebbero vendere durante la stagione secca per contrastare l’inattività dell’hardware minerario”.

Saldo dei BTC negli exchange di criptovalute in discesa dal 2020: supply shock in arrivo?

Lo stesso andamento registrato nei wallet dei miner è osservabile sul fronte degli exchange centralizzati, che vedono diminuire costantemente le proprie scorte in bitcoin.

Nonostante ciò, mentre i miner tendenzialmente aumentano il volume delle liquidazioni nelle fasi pre-halving, nel caso dei CEX le vendite continuano senza particolare fasi di stop da ormai 4 anni.

Fino a metà 2020 infatti, grazie all’ascesa di queste piattaforme come  semplici soluzioni per il trading e per la custodia di crypto asset, il saldo dei BTC negli exchange è salito a dismisura superando addirittura la soglia dei 3 milioni di coin.

Da quel momento in poi però, nello spazio crittografico abbiamo assistito ad una tendenza di svuotamento di monete dalle borse centralizzati, finendo il più delle volte nelle mani di pochi singoli holders che muovono raramente le proprio risorse

In poco tempo le riserve liquide in BTC di queste entità è crollata al di sotto della soglia dei 2,3 milioni di unità e rischia di scendere ancor di più causando una supply shock nel prezzo della crypto.

Sempre più retail, società private ed istituzioni vogliono acquistare Bitcoin ma se il trend dovesse rimanere nei prossimi mesi, probabilmente si farà fatica a soddisfare la grande quantità di domanda che solitamente arriva nei mesi post-halving, causando un’impennata dei prezzi.

bitcoin supply exchange

Gli ETF spot a Wall Street giocano un ruolo importante in questo contesto essendo i principali responsabili degli ingenti acquisti registrati da inizio anno.

Pensate che attualmente i vari BlackRock, Fidelity, Ark e compagnia generano afflussi di bitcoin giornalieri nei propri fondi 10 volte maggiori rispetto alla quantità di monete create quotidianamente dai miner.

Queste entità però in genere non eseguono acquisti spot, sia per l’effetto negativo sul proprio prezzo medio di acquisto, sia perchè efficiente come pratica: i loro mercati di riferimento sono solitamente gli OTC desk e i contatti diretti con miner e grandi holders.

Ultimamente però sta emergendo un “problema” per i Fund Manager che devono acquistare Bitcoin per i loro clienti. 

Gli OTC desk, da cui acquistano ogni giorno grandi somme in crypto, sono arrivati ai livelli minimi di bilancio degli ultimi 6 anni e stanno esaurendo le proprie scorte, lasciando come ultimo spiraglio i mercati spot per eseguire operazioni.

Se mai nei prossimi mesi Wall Street dovesse riversarsi sui vari mercati di Coinbase, Kraken e Gemini, potremmo aspettarci una price action bollente per bitcoin, sospinta da una supply shock che farebbe schizzare i prezzi alle stelle.

Signore i signori, allacciate le cinture.

Alessandro Adami
Alessandro Adami
Laureato in "Informazione, Media e Pubblicità", da oltre 4 anni interessato al settore delle criptovalute e delle blockchain. Co-Fondatore di Tokenparty, community attiva nella diffusione di crypto-entuasiasmo. Co-fondatore di Legal Hackers Civitanova marche. Consulente nel settore delle tecnologie dell'informatica. Ethereum Fan Boy e sostenitore degli oracoli di Chainlink, crede fermamente che in futuro gli smart contract saranno centrali all'interno dello sviluppo della società.
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