I frutti di mare sbarcano sulla blockchain ad Oslo grazie all’azienda norvegese chiamata UNISOT, che si occupa di sviluppare piattaforme basate su blockchain per le aziende usando la tecnologia di Bitcoin Satoshi Vision (BSV) e l’IoT.
Il progetto era infatti stato annunciato già alla conferenza di Londra promossa da CoinGeek e dedicata a Bitcoin SV.
L’industria dei frutti di mare è in crescita ogni anno con una previsione per il 2023 di un ulteriore crescita, motivo per il quale secondo UNISOT diventa necessaria maggiore sostenibilità e tracciabilità dei prodotti per migliorare anche la brand reputation e la soddisfazione dei clienti.
La tecnologia si chiamerà SeafoodChain e servirà alla Seadfood and Aquaculture Industries per fornire il tracciamento dell’intera supply chain usando Smart Digital Twins e Product DNA.
Come sappiamo non è la prima volta che la blockchain viene usata per la tracciabilità dei prodotti alimentari: qualche mese fa è stata la volta della zuppa, così come lo era stato per i salmoni, il pollo, gli agrumi, i pomodori e molto altro ancora.
Non solo in ambito food, ma anche per quanto riguarda il tracciamento delle materie prime, come per esempio i minerali etici o i tessuti.
Da poco anche un’azienda italiana, EZ LAB, ha lanciato il proprio progetto con una campagna di crowdfunding su Mamacrowd che ha superato i 100mila euro grazie anche ad una partnership con IBM Food Trust.
Ci sarebbe però da chiedersi quanto il fatto di mettere tutto su blockchain non sia ormai diventata una mera operazione di marketing. Poco tempo fa anche Danone per esempio ha da poco lanciato un’iniziativa simile ma con un progetto poco trasparente dopo che anche Carrefour ha annunciato che le proprie vendite sono aumentate grazie alla blockchain.
Ad ogni modo, di recente è fallito il progetto del MiSE per la blockchain del Made in Italy che avrebbe dovuto essere applicata soprattutto al settore tessile-moda italiano.