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Bitcoin: quasi la metà di tutti i nodi Lightning Network sono ospitati su Amazon Web Services e Google Cloud

Circa la metà di tutti i nodi Lightning Network della rete Bitcoin fanno cloud computing attraverso i servizi dei provider Amazon Web Services e Google Cloud.

Questo dato potrebbe rappresentare una minaccia di rischio centralizzazione per la rete secondaria di Bitcoin, che sfrutta canali di pagamento  off-chain P2P.

Qualora la tendenza dovesse aumentare il lightning network sarebbe sempre più vincolato e dipendente dai colossi tecnologici Amazon e Google.

La situazione on-chain risulta tuttavia sotto controllo, con i miners del network che validano i blocchi della rete in modo completamente decentralizzato.
Vediamo insieme tutti i dettagli.

Lightning Network Bitcoin e il rischio centralizzazione: l’esposizione massiccia dei nodi su Amazon e Google

Dai dati della piattaforma di dati on-chain Mempool Space è emerso che una grossa fetta dei nodi presenti sul canale di pagamento Bitcoin Lightning Network è ospitata dai provider IPS Amazon Web Services (AWS) e Google Cloud.

Il layer 2 di Bitcoin per funzionare necessità che entrambe le entità coinvolte nel pagamento di satoshi siano connesse ad internet in maniera stabile, previa la perdita dei propri fondi sulla blockchain.

Per questo motivo circa il 48% dei partecipanti al network ha deciso di fare cloud computing tramite i servizi dei colossi tecnologici Amazon e Google, sfruttando un elevato tasso di affidabilità ed un uptime di quasi il 100%.
Nel dettaglio  su Amazon Web Services sono presenti 532 nodi per un totale di 1740 BTC, mentre su Google Cloud troviamo 80 nodi e 1230 BTC on-chain.

Il restante 52% degli attori coinvolti nel Lighting Network utilizzano una moltitudine di provider, tra cui troviamo: Dataweb Global Group, Digital Ocean, Herzner Online GmbH, Lunanode, Alibaba, UAB interneto vizija e BlueVPS OU.

A questi vanno poi aggiunti tutti quei nodi che sfruttano la navigazione anonima su protocolli di onion routing come Tor.

Questo grafica mette in mostra uno dei lati più contraddittori del Lightning Network di Bitcoin:


Sebbene la rete principale sia altamente decentralizzata sia sul piano della distribuzione della supply che su quello della presenza dei miners, non possiamo dire lo stesso per il suo layer 2.

La necessità di un collegamento ad internet stabile ed un intervallo di attività del server molto alto, fa sì che i nodi lightning debbano necessariamente affidarsi a grandi players del mercato IPS, rischiando di centralizzare l’intera infrastruttura.

A tal proposito Voltage, una piattaforma Lightning as a Service (LaaS) pochi mesi fa ha annunciato una collaborazione con Google Cloud per migliorare la scalabilità dei propri collegamenti. La partnership ha permesso a Voltage di implementare ben 87 nodi senza problemi di latenza della rete.

I numeri del Lightning Network di Bitcoin: ancora bassa adozione

Il Lightning Network, soluzione di ridimensionamento layer2  di Bitcoin, rappresenta un’infrastruttura per i micropagamenti veloce ed economica che permette a due soggetti di scambiare satoshi attraverso un canale dedicato.

A differenza della rete principale, il LN consuma molte meno commissioni e permette un’esecuzione quasi istantanea, al passo con i numeri dei principali fornitori di pagamenti elettronici Visa e Mastercard.

Il problema principale di questa rete è che attualmente è scalabile solo fino ad un certo punto: purtroppo la capacità massima della rete è di soli 4.755 BTC, equivalenti a 138 milioni di dollari, con evidenti difficoltà ad aumentare questa soglia.

Il nodo più grande al momento è quello di ACINQ ospitato da Amazon Web Services, con 2849 canali e 503,31 BTC in liquidità, seguito da Bfx-Ind1 che si appoggia a Google Cloud, con 899 canali e 470 BTC in liquidità.


Per far sì che il layer 2 di Bitcoin possa competere con il mondo dei pagamenti tradizionali è necessario che vengano ampliati il numero di nodi e la capacità stessa della rete, ancora troppo ristretti ed ideali solo per un mercato di nicchia.

Complessivamente il LN gestisce 15.587 nodi  e 68.070 canali di pagamento con una capacità media di circa 2000 dollari  per transazione. Purtroppo l’adozione di questo standard è bassa, pur considerando che da gennaio 2021 la capacità totale è aumentata di circa 4000 BTC, in un trend rialzista anche nel bear market del 2022.

Le potenzialità sono molto elevate e i numeri crescenti fanno ben sperare che in futuro i pagamenti possano essere gestiti attraverso canali P2P e con una valuta decentralizzata, ma per ora siamo lungi da questo obiettivo.

Forse la recente integrazione del Lighting Network su Binance, con Coinbase che segue le stesse orme dell’exchange rivale, potrà aiutare ad accelerare la curva del tasso d’adozione spingendo l’ingresso di molti nodi ed aumentato la capacità della rete.

Magari anche le elevate performance offerte da Google ed Amazon potranno aiutare a portare nuovi utenti all’interno di questo ecosistema.

Ahimè, al momento possiamo contare un interesse maggiore dei bitcoiner ed un numero di capitali più elevato sulla blockchain di Ethereum piuttosto che sul LN.

Le versioni wrapprate di Bitcoin sulla principale rete per sviluppo smart contract sono infatti molto popolari, viste le potenzialità della DeFi e la redditività connessa di alcuni protocolli.

Tutti le versione wrappate di Bitcoin sulla blockchain Ethereum

Mentre il Lightning Network di Bitcoin non arriva ad ospitare nemmeno 5000 BTC sulla propria rete, su Ethereum possiamo contare un numero molto più elevato di Bitcoin che sono stati bloccati tramite uno smart contract per generare versioni wrappate della stessa coins sotto lo standard ERC-20.

Pensate che solo Wrapped Bitcoin (WBTC) ha una supply di 161.465 tokens, oltre 34 volte la quantità di BTC utilizzata nel LN. Anche Huobi Bitcoin (hBTC) supera la rete di pagamenti con 8.969 tokens in rifornimento circolante.

Come accennato, una presenza così forte di Bitcoin in versioni wrappata sulla blockchain di Ethereum è dovuta dall’appetibilità del mondo DeFi che offre soluzioni interessanti per gli investitori.

Tra i vari protocolli del web3 troviamo una moltitudine di piattaforme dove è possibile utilizzare wBTC ed altri token ERC-20 che si rifanno al valore di Bitcoin , come liquidità per gli scambi o come collaterale per i prestiti decentralizzati ( ad esempio Aave).

Queste opzioni di investimento fanno gola agli utenti più esperti che si espongono in maniera massiccia a questi tokens pur di ottenere un ritorno economico elevato, con rendimenti superiori alle soluzioni CeFi.


Ovviamente tutto ciò comporta dei rischi non indifferenti, a cui i classici holders di BTC non si espongono detenendo le coins sulla blockchain originale di Bitcoin. Un bug del codice dello smart contract o un hack sull’indirizzo dove vengono custoditi le controparti dei wrapped token, potrebbe generare perdite ingenti per i degen della finanza decentralizzata.

Alessandro Adami
Alessandro Adami
Laureato in "Informazione, Media e Pubblicità", da oltre 4 anni interessato al settore delle criptovalute e delle blockchain. Co-Fondatore di Tokenparty, community attiva nella diffusione di crypto-entuasiasmo. Co-fondatore di Legal Hackers Civitanova marche. Consulente nel settore delle tecnologie dell'informatica. Ethereum Fan Boy e sostenitore degli oracoli di Chainlink, crede fermamente che in futuro gli smart contract saranno centrali all'interno dello sviluppo della società.
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